Da Plinio a Strabone a Cocarella, nella letteratura, nell’arte dei mosaici e dei bassorilievi del convento:le leggendarie “auciell ‘e nott”

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di Maria Teresa De Nittis

Amare il mare di Tremiti fino a desiderare di essere sepolto presso la sua spiaggia, cullato dal murmurare cheto delle onde: è il massimo della suggestione che possa esercitare una località turistica. Diomede, col cuore dilaniato dal distacco dalla Patria trovò pace, è noto, veleggiando nell’Adriatico, per approdare a Tremiti. Dal giorno in cui l’animo colmo di angoscia del prode trovò tregua agli affanni ed ottenne dagli dei una sosta, le Tremiti svolsero il loro gradito compito come meta di uomini stanchi, vengano essi dalla mitica Troia o dalle metropoli italiane o dalle brume europee.

La dominazione di Diomede nel mare Adriatico, è attestata dalle isole Diomedee e dalle narrazioni sui Dauni e su  Argyrippa o Argos-Hippium, antica città  Apula di cui restano scarse vestigia ;

 la leggenda che lega le Isole Tremiti al mito di Diomede e della trasmutazione dei suoi compagni in uccelli favolosi , citata nel Vocabolario Universale italiano., Soc. tipogr.Tramater 1829-1840 : “Campi Diomedei si disse quella porzione dell’Apulia che toccò a Diomede e “diomedee” le isole del mare Adriatico…”   già conosciuta dagli storici dell’antichità : All’incontro del lito di Puglia v’è l’isola Diomedea, notabile per la sepoltura di Diomede” (Plinio ) ;

 “Iuba chiama gli uccelli diomedei cataracti… sono simili alle pulci e infestano stridendo e’ forestieri se non sono greci…; nacque la favola che sieno e’ compagni di Diomede trasmutati in uccelli “ (Plinio) ;

 “Diomedem circa illud mare (Adriatico) ditionem tenuisse, testantur insulae Diomedeae et quae de Daunis et Argo-Hippio feruntur”  (Strabone, Geografia, lib. V., p. 238).

Diomede, detto anche Enide , figlio del cinghiale( e del simbolo del cinghiale si fregiava il suo scudo e quello dei soldati Etoli ) nacque da Tideo e Deifile, in Etolia ad Argo, regno che ereditò

 dopo la morte di Adrasto. Ritornato in Patria dopo la guerra di Troia, Diomede scoprì l’adulterio della moglie Agialea col ministro Comete e riuscì a stento a scampare da una morte certa preparatagli dai due amanti trovando rifugio nel tempio di Minerva.

Fuggito dalla sua terra, mosse con la flotta verso l’ Occidente; nell’isola di Corcira (Corfù), uccise il dragone Colchide con lo scudo di Glauco col quale aveva scambiato il suo di rame (VI libro dell’Iliade) nell’assedio di Troia. Ripreso l’avventuroso viaggio con le sue navi, fu dalle tempeste sbattuto in mezzo all’Adriatico ove scoprì il gruppo delle Tremiti. Si trasferì, quindi , con i suoi compagni sulla costa.  Superato il Gargano, Diomede scese nella piana dell’antica Ausonia

(oggi Puglia), dove secondo la leggenda, sposò Driona, figlia del Re Dauno, che riceverà in dote

parte della Puglia.

Come alle Isole Tremiti, fu da Diomede imposto il nome di Isole Diomedee, così furono chiamati Campi Diomedei i territori sulle rive dell’Aufido (attuale Ofanto).

Dagli antichi scrittori si attribuisce a questo mitico Eroe la fondazione di molte città della Daunia. Una leggenda lo fa ritornare e successivamente sparire dalle Isole Diomedee.

 I fedeli compagni gli eressero un monumentale sepolcreto ed un tempio ove attualmente sorge l’Abbazia. (Sant’Agostino). Ancora oggi questa leggenda parla della trasmutazione dei suoi compagni in uccelli favolosi, forse l’ Avis Diomedea di Plinio o Diomedea exulans, specie più comune di questi Palmipedi procellaridi che comprende l’Albatro (detto anche Sfinisco brizzolato), dal colore nero, macchiato in alcuni punti, (dal bianco tende al cenerino).

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Galleria fotografica:

1-L’aves Diomedea in un cerchio, nei mosaici del tempio di Santa Maria a Mare (1045). La chiesa si ispira ai modelli architettonici occidentali di area germanica, in passato assimilabile agli edifici bizantini. Il tappeto musivo quadrangolare centrale, quasi intatto (XI sec.) , mentre altri frammenti sono dislocati in vari punti del tempio:  nell’ area presbiteriale, ai lati dell’altare maggiore, si rilevano due cervi che si affrontano con grandi corna ramificate su un fondo decorato con tralci vegetali stilizzati. Nella parte inferiore due elefanti con torri sul dorso, nell’ atto di sollevare con le proboscidi sfere di colore grigio, su uno sfondo composto da volute di racemi simile al precedente. Al centro del presbiterio si rilevano frammenti di cornice e alcuni resti di due piccoli tondi, uno dei quali contiene un grifo; un altro più grande, al centro dell’abside contiene un fiore a sei petali. Nel vano centrale è visibile una grande composizione con motivi decorativi a palmette con cinque foglie che si contrappongono e si annodano formando cinque cerchi in un quadrato. Nel cerchio centrale è racchiusa la figura di un grifo alato, mentre nei cerchi minori sono contenuti degli uccelli. Interpretati, da taluni storici, come “aves Diomedeae”, cioè le arenne acquatiche che ancora oggi vivono sulle isole. Negli spazi tra i cerchi vi sono piccoli pesci. Nella campata a ovest del vano centrale in un tondo incorniciato da un tralcio di foglie stilizzate, è parzialmente visibile un’aquila con le ali spiegate. Nella navata meridionale è evidente un decoro costituito da quadrati, disposti a scacchiera. Sotto i gradini del presbiterio, infine è visibile il prosprtto e la criniera di un leone.. L’aquila, il grifo e il leone, simboleggiano la grandezza di Cristo. I due cervi, anime ansiose di unirsi a Dio. I due elefanti, abitatori dell’Eden e pertanto indenni dal peccato originale, sono ammessi alla felicità eterna. Il mosaico si distingue per la ricerca di effetti naturalistici e volumetrici, le piccole tessere di un cm. di lato sono di marmo bianco pentelico, giallo di Siena, palombino di Subiaco, nero di Mattinata disposte ad opus tesselatum, alternate a piccoli inserti di opus sectile.

23Al centro del  Chiostro dell’Abbazia di S. Maria a Mare, vicino al refettorio dei monaci è presente un pozzo per attingere l’acqua da una grande cisterna di raccolta sotterranea. La sua presenza è testimoniata sin dal XVI secolo dal lateranense Cocarella; fu poi rifatto in età borbonica, in occasione della ristrutturazione del chiostro, come sembra testimoniare la data del 1793 scolpita sulla trabeazione, costituita da un blocco in pietra decorata da un fregio di ghirlanda che circonda la Diomedea, simbolo delle isole Tremiti che porta in bocca un ramoscello di mirto, sacro a Venere, la dea che  trasformò i compagni dell’eroe greco Diomede in uccelli perchè potessero vegliare per sempre sulle spoglie del loro condottiero. L’olivastro,Il lentisco, l’euphorbia, il mirto (denominazione dialettale murtella) sono piante cardinali della ‘macchia mediterranea’  e delle Tremiti. Le bacche e le foglie di  mirto già all’epoca dei monaci venivano utilizzate per preparare infusi e bevande. La Berta Maggiore (Colonectris Diomedea). Il genere Calonectris sta a significare “buon nuotatore” per la sua abilità di immergersi in acqua per catturare i pesci. Quando è buio avviene il rientro a terra, accompagnato dal caratteristico canto, una specie di lamento simile al pianto di un neonato. Una leggenda vede in questiuccelli la reincarnazione delle anime di Diomede, condannate a vagare in mare alla ricerca del loro condottiero scomparso in battaglia. Ascoltando il canto dei due sessi si può avere questa sensazione: il maschio ha un tono più penetrante mentre la femmina è più rauca.

4- Isole Tremiti, San Nicola, In fondo al chiostro vi sono due portali rinascimentali ; il portale a sinistra ha un architrave in pietra finemente scolpito e scorniciato, sul quale spiccano rosoni, uccelli diomedei e vasi con fiori . Era la porta d’ingresso del teatro dei frati dove s’impartiva l’insegnamento della Regola religiosa attraverso l’arte teatrale e il divertimento,” Delctando docet”.

5-6- Colonectris Diomedea in cova

7-Berta con nidiaceo

8- Gianni De Nittis, salvataggio di una Diomedea

9- Isole Tremiti – Avis Diomedea.

 Tipografia Guglielmi – Andria –  Comune di Isole Tremiti, 1975 ,

L’ immagine dell’Avis Diomedea fa da copertina a un librettino fotografico , edito per la

S. Pasqua 1975 dall’Amministrazione comunale delle isole Tremiti e dal Sindaco allora in carica Giuseppe Pica. L’opuscolo è composto da 10 vedute storiche di S. Nicola: Porta principale d’entrata al castello; opere artistiche della Chiesa di S. Maria a Mare: Crocifisso dell’XI sec. , Polittico Veneto del XV sec; il chiostro piccolo del convento; il castello; l’abitato e la riproduzione di un’antica stampa.

10- Maria Teresa De Nittis, Divina Diomedea,olio su tela
cm. 30 x 30, 2012

11- Maria Teresa De Nittis, Favolosa Avis Diomedea, Acrilico su cartone,
cm. 35 x 24, 2012

12- Maria Teresa De Nittis, Volo notturno delle diomedee acrilico su cartoncino,
cm.18 x 13, 2013

13- Maria Teresa De Nittis, Il viaggio fantastico di Diomede verso Tremiti,
Acrilico su tela,cm.30 x 40, 2013