Dalla colonia penale del Regno di Napoli al confino di polizia fascista

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1 - Isole Tremiti – Torrione - 1905

1 – Isole Tremiti – Torrione – 1905 
Con  i saluti alla mamma, R. Stipa , indica sulla cartolina postale, con precisione, i locali principali del carcere di Tremiti: 1) Posta torrione – 2) Castello – 3) Chiesa principale e caserma CanalReali – 4) Celle per punizione coatti. Ricevi un forto abbraccio dal tuo figlio.                                

La corrispondenza di confinati e dei loro familiari, confluì tutta, in sede ministeriale, nei rispettivi fascicoli personali che rappresentano oggi una triste antologia di sofferenza, di miserie da cui emerge la dolorosa lotta per l’esistenza di mogli e figli rimasti senza il sostegno del capofamiglia, relegato in un’isola nella sua drammatica solitudine.

L’autonomia politica e amministrativa,  dalla data di  fondazione dell’Abbazia-fortezza da parte dei Benedettini e poi dei Cistercensi, cesserà con i Canonici Regolari Lateranensi ; nel 1737 il possesso delle isole verrà rivendicato dai borboni e annesse al regno di Napoli , sottoposte, con presidio militare, al Regio Dominio.  Successivamente, nel 1764 furono eseguiti a spese della corona i primi lavori di restauro alla fortezza , ormai in disfacimento.  

Con ordinamento del 13 giugno 1792, il Sovrano istituì a Tremiti una colonia penale, assegnando a ciascun deportato 5cinque tomoli di terreno, il suolo per la casa,gli attrezzi del mestiere e cinque grana al giorno per i primi tre anni”  e in base a tale ordinanza , Gennaro Pallante di Calabria, Consigliere di Stato, per liberare la città di Napoli da elementi indesiderabili al regno,li destinò alle Tremiti. Con la caduta di Ferdinando IV successe al trono di Napoli Giuseppe Bonaparte, il quale con la legge 13 febbraio 1806 soppresse tutti i monasteri che avevano feudi, incamerando i loro beni ad eccezione di Montecassino e di Cava. Nel 1809, Giocchino Murat, successore di Giuseppe Bonaparte  concesse ai deportati il beneficio di grazia e soppresse la colonia penale , ripristinata (dopo la caduta di Napoleone), nel 1842 da Ferdinando II di Borbone.

2 – S. Nicola – Torrione e Castello – 1930
Raduno fascista davanti al portale d’ingresso del Castello dell’abbazia a S. Nicola. Con le Alte cariche dell’Opera Nazionale, nel gruppo sono presenti, cittadini, marinaretti e giovani balilla. Dopo il contestato successo alle elezioni politiche del 1924, Mussolini instaurò nel gennaio del 1925 la dittatura, risolvendo con la forza la delicata situazione venutasi a creare dopo l’assassinio di Giacomo Matteotti. Negli anni successivi consolidò il regime affermando la supremazia del potere esecutivo, trasformando il sistema amministrativo e inquadrando le masse nelle organizzazioni di partito. In questo contesto, la colonia penale preesistente alle Tremiti continuò a funzionare, tanto che Mussolini vi istituì il confino di polizia. Nella foto, databile 1930, si notano sulla torre angioina detenuti che assistono all’evento in corrispondenza della “ Sezione D” o lato D del penitenziario.
Sulla torre del castello per l’occasione è stata esposta la Bandiera italiana con lo Stemma Sabaudo.

Nel 1859 Francesco II ultimo re di Napoli concesse le isole in feudo e il titolo di marchese di Tremiti al  ministro dell’interno, Santangelo  che decadde nel luglio del 1861 con l’Unità d’Italia (annessione del Regno di Napoli alla Corona Sabauda con Roma Capitale del Regno d’Italia).

I deportati furono rimessi in libertà, alcuni ritornarono nei luoghi di origine, altri restarono come coloni. 6Vito Susca, medico militare, del presidio ( già ripristinato dal 1863), in un rapporto statistico, datato 1876, rileva sulle isole, la presenza di 775 abitanti (420 coatti, 80 coloni, 140 cittadini liberi con 75 ragazzi e 60 persone tra impiegati e presidio militare).

Nell’ambito del nuovo assetto politico e amministrativo statale, a Tremiti fu istituita un’amministrazione civile composta da un 7 funzionario del Ministero dell’Interno con la qualifica di direttore della colonia, un ufficio giudiziario, dipendente dalla pretura di Manfredonia e servizi fondamentali: condotta medica della colonia, un’ostetrica, la scuola elementare, l’ illuminazione pubblica a petrolio e l’ufficio postale e telegrafico. Successivamente, la Marina militare determina, l’approviggionamento idrico per la popolazione, con tubazioni inizialmente provvisorie, poi stabili l’erogazione dell’acqua dalle navi-cisterna ai serbatoi e ai pozzi,  preesistenti per il raccoglimento dell’acqua piovana, sin dal periodo benedettino e cistercense. Le isole si apprestavano ad una radicale trasformazione: avere più acqua disponibile, significava risolvere, molti dei problemi igienici ed alimentari. Tuttavia era ancora necessario, conservare scorte e, rimaneva non garantita la potabilità.

Il 21 gennaio 1932 (R.D. Legge n. 35)  le Isole Tremiti diventano Comune autonomo; nel febbraio del 1938 viene inaugurato l’impianto termico per l’illuminazione elettrica, in sostituzione di quella a petrolio, a S. Nicola e a S. Domino, installato in quest’ultima località.

E’ compito certamente arduo tracciare le coordinate e comprendere le innumerevoli implicazioni e complicazioni del grande contesto storico di queste piccole isole, in cui si muovono infiniti personaggi, svariati orizzonti, grandi scontri di potere ecclesiastico e temporale per quanto documenti di archivio ci danno ampia materia di riflessione e conoscenza del territorio.

Sta di fatto che nonostante vari tentativi di abrogazione del domicilio coatto, il destino storico delle Tremiti , paradossalmente, era di carcere sul mare. Il confino di polizia, contenuto come misura preventiva nel Testo Unico di PS approvato con R.D. 6 novembre 1926, n. 1848, fu insieme al Tribunale speciale per la difesa dello Stato, uno dei mezzi più efficaci di cui si servì la macchina della repressione fascista per combattere il dissenso. Già l’art. 91 della legge di PS del Regno sardo del 13 novembre 1859, n.3720, concedeva infatti al titolare della prefettura, chiamato allora governatore, la facoltà di “negare all’ozioso o vagabondo l’autorizzazione a stabilire domicilio nella città ed altri luoghi da lui scelti”, se ciò serviva a suo parere al mantenimento dell’ordine pubblico. Tale normativa fu poi ripresa e precisata due anni dopo la proclamazione dell’unità nazionale dalla legge 15 agosto 1863, n. 1409. Tale legge, contenente disposizioni atte a reprimere il brigantaggio nell’ex Regno delle Due Sicilie, introdusse per la prima volta nella legislazione italiana il termine “domicilio coatto”, dando al governo, in base all’art.5, “facoltà di assegnare per un tempo non maggiore di un anno un domicilio coatto agli oziosi, ai vagabondi, alle persone sospette, secondo la designazione del GP, nonché ai camorristi e sospetti manutengoli, dietro parere di una Giunta composta dal Prefetto, dal presidente del Tribunale, dal Procuratore del Re e da due consiglieri.

Un uso più propriamente politico del domicilio coatto si verificò nel 1866 nei confronti di coloro che erano giudicati potenziali fiancheggiatori dell’Austria. Successivamente, l’istituto venne riutilizzato da Crispi nel 1894 per isolare“i promotori di associazioni contro gli ordinamenti sociali”, viene nuovamente applicato in seguito ai tumulti del 1898, in questi ultimi casi a prescindere da qualsiasi controllo da parte della magistratura ordinaria.

Le località in cui destinare i condannati iniziarono ad essere scelte sulla base della primaria esigenza di una più stretta vigilanza e di un minor rischio di contatti del sorvegliato con il proprio luogo d’origine. Funzionali a tali scopi furono soprattutto le isole del meridione della penisola: Lipari, Ustica, Favignana, Lampedusa, Ponza, Pantelleria, Ventotene e le Tremiti, che rappresentarono una soluzione ideale). Il domicilio coatto continuò ad essere applicato contro i delinquenti comuni fino alla prima guerra mondiale, ma fu utilizzato anche per colpire gli italiani sospetti di spionaggio o ritenuti pericolosi: anarchici, socialisti rivoluzionari, antimilitaristi o di sentimenti antipatriottici. Accanto a questa istituzione comparve anche quella dell’internamento civile, applicato contro i sudditi austroungarici e per allontanare le popolazioni che vivevano nelle zone di guerra. Questo non prevedeva la restrizione in campi di concentramento, ma l’obbligo di soggiornare in località lontane dalle operazioni belliche. L’internamento era già stato usato nelle colonie africane, dapprima in Eritrea e poi, in maniera più efferata, nel 1911 durante la conquista della Libia, dove vennero attuate deportazioni di massa verso la penisola di migliaia di libici, che furono relegati principalmente nelle isole di Favignana, Gaeta, Ustica e nelle Tremiti.

3 – San Nicola di Tremiti – Corso Sicilia – 1932

Parata del Regio Esercito a S. Nicola che sfila tra i caseggiati malridotti della colonia penale di Corso Sicilia , si notano lungo il percorso le Bandiere del Regno d’Italia. Nel 1932 ebbe inizio la vita amministrativa con il nascente  Comune delle isole Tremiti, tuttavia continua la convivenza dei detenuti della colonia penale con i cittadini liberi, dopo l’abrogazione del domicilio coatto e l’istituzione fascista del ’26 del confino per detenuti sia comuni che politici. Giuridicamente non esisteva distinzione tra confino politico e confino comune, poiché entrambi regolati come “confino di polizia” degli art. 184 e sgg. Del TU legge di PS del novembre 1926, nonché dagli art. 180 e sgg. Del TU legge PS del 1931.

Il consenso al regime fascista è al suo apice. E’ il periodo dell’inasprimento della politica italiana nei confronti dei ribelli libici che iniziato dal 1921 si concluderà il 5 maggio 1936 con l’invasione delle truppe italiane in Etiopia.

Con la promulgazione da parte del regime fascista delle leggi di pubblica sicurezza del novembre del 1926 fu introdotto il confino di polizia, istituto modellato sulla struttura del domicilio coatto, con l’obbligo di soggiorno per i soggetti ritenuti più pericolosi nelle colonie di confino e per gli altri in piccoli villaggi del meridione d’Italia. Il domicilio coatto fu creato a fianco del tribunale speciale per la difesa dello Stato, indice dell’evolversi della volontà repressiva del regime. Il confino rappresentò il mezzo più efficace messo in atto dal regime per controllare e reprimere l’antifascismo.

8 I confinati politici della Puglia rappresentano la punta più avanzata dell’opposizione al regime nell’Italia meridionale, mettendosi in questo senso al livello di alcune regioni centro-settentrionali, Emilia e Toscana, nelle quali la lotta alla dittatura costituiva il naturale risultato di una storia politica, economica, sociale e culturale certo più avanzata di quella delle regioni meridionali. Tra i condannati, nel domicilio delle Isole Tremiti,  oltre al futuro Presidente Sandro Pertini, figurano altri nomi eccellenti, degni di menzione :  l’anarchico Tarcisio Robbiati, nato a Milano l’8 gennaio 1897, sorpreso nel luglio 1915, pochi mesi dopo l’ingresso dell’Italia in guerra, a scrivere sulla parete dello scalone della prefettura, dove lavorava come fattorino, “Morte al re”. Più volte denunciato e arrestato per propaganda contro la guerra e per diserzione, più volte evase dal carcere. Nel marzo del 1919 per il suo arresto, avvenuto nel domicilio di corso Ticinese, come

pericoloso latitante propagandista delle sue idee settarie” il funzionario di polizia, il brigadiere e le guardie che operarono l’arresto furono premiati con una gratifica in denaro. Fu infine condannato a cinque anni di confino che scontò a Lipari (1926-1930) e poi alle isole Tremiti(1930 –1931), ove per il suo “pessimo” comportamento fu considerato alla stregua dei confinati “comuni” . Tra gli oppositori al regime, appartenenti al gruppo di Robbiati, internato alle Tremiti anche Eugenio Musolino, un integerrimo avvocato di Gallico, provincia di Reggio Calabria, schedato come comunista, condannato dal Tribunale speciale, il 4 maggio 1928. Rimase per oltre un anno alle Tremiti, dove era internato anche Mauro Venegoni.  Eugenio Musolino ,  ci lascia una testimonianza scritta utile per ricostruire la vita e gli avvenimenti al confino di Tremiti

 “ Venticinque internati mi accolsero festosamente. Di questi il maggior numero erano comunisti. Li trovai bene organizzati. Avevano una buona mensa e una scuola per analfabeti, ben diretta, e un’ammirevole concordia regnava tra loro. Poiché ero ben noto a molti compagni mi toccò anche qui di assumere la direzione della mensa. Ma quale differenza tra Ustica e le Tremiti! Questa volta c’era la guerra e con questa non solo la mancanza di viveri, ma anche la minaccia di morire di fame e di sete nel caso d’impedimento della navigazione del piccolo piroscafo che faceva la spola con la terraferma” Musolino, si riferisce all’affondamento, causato da una mina vagante, di un piroscafo destinato al rifornimento dell’isola: per un mese gli internati rimasero completamente isolati, senza cibo e senza acqua, nutrendosi delle erbe spontanee e bevendo l’acqua piovana raccolta nelle cisterne, e quando si diffuse la voce che a soldati ed agenti di servizio erano stati distribuiti, prelevandoli dalla riserva, 250 grammi di farina e 100 grammi di zucchero, la protesta fu immediata. La direzione rispose piazzando le mitragliatrici e ancora una volta l’avvocato Musolino andò a difendere le rivendicazioni degli internati: ottenne zucchero e farina per tutti e convinse la direzione a sollecitare l’autorità per l’invio di una nave.. La nave arrivò, e con essa giunsero viveri, acqua e corrispondenza, ma  a Musolino ancora una volta toccò di essere trasferito: le sue capacità dialettiche e organizzative, erano considerate pericolose. Nel 1943 la caduta del regime fascista determinò la liberazione dei confinati e venne chiusa definitivamente la “prigione sul mare” delle isole Tremiti.

5 Anticamente unità di misura di capacità per aridi  Dal latino medievale: tumulus, dall’arabo thumn “un ottavo” . Unità di misura di superficie, in uso    con valori diversi, in molti luoghi  dell’Italia Centromeridionale

6 F.Delli Muti, Le Isole Tremiti, Torino-Roma, Marietti Editori Tpografi,4° ediz.,1965, p. 242.

7 Missori Mario, Governi, Alte cariche dello Stato, Alti magistrati e Prefetti del Regno d’Italia, Roma 1989, (Pubblicazioni degli Archivi di Stato, sussidi,2). Il repertorio elenca, per il periodo dal 17 marzo 1861 al 2 giugno 1946, i componenti dei governi, i titolari tra le più alte cariche dello Stato, i primi presidenti e i procuratori generali delle corti di cassazione e delle corti di appello ed i prefetti di tutte le provincie. La fonte è la serie degli Atti e decreti registrati della Corte dei conti, conservata presso l’Archivio centrale dello Stato. In essa si trovano, tra l’altro, le copie autentiche di tutti i decreti reali e ministeriali relativi al personale statale di ogni ordine e grado(nomine, trasferimenti, dimissioni, eccetera

8 K Massara, Il popolo al confino. La persecuzione fascista in Puglia, Roma, Ministero pert i beni culturali e ambientali, Ufficio Centrale per i Beni archivistici, 1991,  2 v.  Oppositori del regime fascista tra il 1926 ed il 1943, nati o residenti in Puglia INTERNATI ALLE TREMITI  ANARCHICI: Maggese Primaldo (muratore) – Messinese Giuseppe (sarto) – Pantaleo Michele (falegname) – Paterno Donato (rilegatore). ANTIFASCISTI: Camassa Giuseppe (venditore ambulante) – Catalano Giovanni (venditore ambulante) – Corbo Potito (venditore ambulante) – D’Agnano Gaetano (cocchiere) – D’Alisi Antonio (operaio disoccupato) – Delli Santi Cosimo (barbiere) – Florio Vincenzo (agricoltore) – Foscarini Antonio (impiegato) –Galantucci Raffaele (manovale) – Giampaolo Giustino (studente universitario) – La Macchia Michele (proprietario di immobili) – Lambertino Luigi (contadino) – La Muraglia Domenico (falegname) – La Torre Onofrio (calzolaio disoccupato) – Littero Antonio (contadino) – Lo Russo Giuseppe (contadino) – Dilani Domenico (calzolaio) – Morisco Giuseppe ( ozioso) – Nardozzi Giovanni ( imballatore) – Nigri Michele (falegname) – Piombino Michele (manovale) – Primieri Giuseppe Antonio ( segretario – bracciante) – Sciannamblo Vito (salumiere) – Todisco Marco (gestore di caffe con pizzeria) APOLITICI: Balice Gaetano (barbiere) – Bianchi Achille (commerciante) – Capecchi Manlio (elettrotecnico) – Colonna Francesco Paolo ( muratore disoccupato ) – Grande Emilio ( bracciante) – La Penna Giuseppe (usciere) – Massaro Salvatore (pittore) – Pugliese Francesco (rappresentante di commercio) – Vescovo Ugo (operaio). COMUNISTI: Ariani Beniamino (muratore) – Angelillo Filippo (commerciante) – Angione Giuseppe (contadino) – Annichiarico Cosimo (venditore ambulante-carpentiere) – Ardito Matteo ( contadino) – Argentieri Antonio (contadino) – Battista Nicola (barbiere) – Binetti Giovanni (venditore ambulante) – Cafagno Nicola (mugnaio) – Cafueri Gabriele (muratore) – Capodiferro Domenico (contadino) – Cariello Luigi (muratore) – Carone Gioacchino (sarto) – Carafa Teodoro Cosimo (calzolaio) – Castrense Crocefisso (contadino) – Colasanto Giuseppe (muratore) –  Curci Domenico (contadino) – De Falco Nicola (carpentiere) – Dello Russo Michele (meccanico) – De Stradis Crocefisso (contadino) – De Tommaso Giuseppe (meccanico) – Dimattia Nicola (contadino) – Di Nunno Giacinto (contadino) – Favia Giuseppe (muratore) – Ferrara Michele (contadino) – Fiordo Giuseppe(rappresentante di commercio) – Galiano Pasquale (agricoltore) – Gargano Vito Francesco (contadino) – Giangrande Agostino (agente marittimo) – Gugliotti Domenico Antonio (contadino) – Lacriola Francesco (bracciante) – La Forgia Sergio (marittimo) – La Manna Leonardo (contadino) – La Marina Pietro (barbiere) – La Pietra Michele (operaio) – La Calandra Tommaso (contadino) – Lobaccaro Vincenzo (contadino) – Loglisci Michele (carbonaio) – Loiodice Felice (cappellaio) – Lo Surdo Michele (impiegato) – Marotta Vincenzo (contadino).