IL MITO DI DIOMEDE

Museo del Louvre – Diomede ruba il Palladio (oggi perduto). Marmo, copia romana del II-III secolo d.C. da un originale greco del V secolo a.C.

Le vicende del popolamento delle isole Tremiti sono legate alla Puglia già dal neolitico che si manifestò anche attraverso flussi immigratori provenienti dalla sponda opposta, tramite il ponte insulare che includeva le Tremiti , inoltre, la tradizione erudita e poetica , sia greca che romana ha collegato alle Tremiti, in tempi antecedenti al medioevo, il culto e la leggenda della sepoltura di Diomede, detto anche Enide , figlio del cinghiale( e del simbolo del cinghiale si fregiava il suo scudo e quello dei soldati Etoli ) figlio di Tideo, domatore di cavalli, compagno di Ulisse nell’assedio di Troia.Originario della Tracia che da lì, emigrò attraverso tutta la penisola greca, e poi, con i coloni, fino ai limiti del mondo ellenico d’oriente e d’occidente, lasciando un po’ dovunque le sue tracce. Dopo la presa di Troia (XII secolo avanti Cristo), recando con sé come zavorra le pietre delle mura troiane, ritornando ad Argo, la bellissima moglie Egialia, gli era stata infedele al punto di risposarsi con il suo ministro Celebro e ordire una congiura di palazzo contro di lui. Era la vendetta della capricciosa e altezzosa dea dell’amore Afrodite, che l’eroe omerico aveva osato offendere. Costretto pertanto ad abbandonare la patria emigrò in Occidente; la localizzazione di Diomede nelle isole del mare Ionio e sulla costa apula si riflette in due saghe, ricollegatesi rispettivamente alla doppia patria, argiva ed etolica del valoroso Tideo. 

Lo scudo di Diomede. Ad Argo, nella festa di Atena, lo scudo di Diomede veniva portato con pompa solenne insieme col Palladio e la sua immagine era lavata nell’Inaco. Ecco lo scudo di Diomede, antico rito, di cui fu radice il fuggitivo sacerdote Eumede– (Callimaco-Inni-Pallade)

Entrambi i miti sono esposti in modo confuso nel poemetto Alexandra di Licofrone. Il culto di Diomede era attribuito, in età storica, in varie città della Magna Grecia: a Turi, a Metaponto, a Taranto, oltre che a Canusio, a Siponto, a Brindisi, fra i Peucezi, gli Umbri, i Veneti. 

Diomede lancia la sua lancia ad Ares
di John Flaxman

Le fortificazioni di S.Nicola, terminano con il mastodontico Torrione del Cavaliere, una strozzatura divide, poi, nettamente l’isola in due parti , alle spalle, quindi dell’abbazia-fortezza è situata la zona archeologica con i resti di un sepolcreto greco-romano, costituito di fosse geometriche, scavate nella pietra, tra esse, la leggenda colloca la Tomba di Diomede e il ripostiglio del suo tesoro, che verrà rinvenuto “per rivelazione della gloriosa Vergine”, da un pio eremita, Nicola, che nel 311 d.C. viveva di preghiera sull’isola; e ancora la leggenda parla della trasmutazione dei suoi compagni in uccelli favolosi, forse l’Avis Diomedea di Plinio, destinati a vegliare con il pianto il sonno eterno dell’eroe.

Divina Commedia/Inferno/’Ulisse e Diomede’,Canto XXVI, nel quale si tratta de l’ottava bolgia contro a quelli che mettono aguati e danno frodolenti consigli; e in prima sgrida contro a’ fiorentini e tacitamente predice del futuro e in persona d’Ulisse e Diomedes pone loro pene.

Ancora oggi questa leggenda parla della trasmutazione dei suoi compagni in uccelli favolosi, forse l’ Avis Diomedea di Plinio o Diomedea exulans, specie più comune di questi Palmipedi procellaridi che comprende l’Albatro (detto anche Sfinisco brizzolato), dal colore nero, macchiato in alcuni punti, (dal bianco tende al cenerino). I Tremitesi le chiamano “Artenie” o  “ uciell ‘e nott”. 

La Divina Diomedea nel tappeto musivo del tempio di Santa Maria a Mare, simbolo del sito web: Nullus locus sine Genio ( nessun luogo è senza un Genio) Insulae Tremitanae olim Diomedeae Genius Loci.

Lo stesso sepolcreto, dovrebbe ospitare una tomba costruita in “opus reticolata” ( IV- III sec.d.C.) appartenente, forse a Giulia, nipote di Ottaviano Augusto. Secondo la testimonianza di Tacito, fu lo stesso imperatore che la esiliò in “insulam Trementum” per la vita scandalosa e adultera che conduceva assieme alla madre, a sua volta confinata a Pandartaria (Ventotene). Alle Isole Tremiti, fu da Diomede imposto il nome di Isole Diomedee.

Isole Tremiti – Avis Diomedea.Tipografia Guglielmi – Andria –  Comune di Isole Tremiti, 1975. L’Avis Diomedea fa da copertina a un librettino fotografico , edito per la S. Pasqua 1975 dall’Amministrazione comunale delle isole Tremiti e dal Sindaco allora in carica Giuseppe Pica.

Berta Maggiore (Colonectris Diomedea). Il genere Calonectris sta a significare “buon nuotatore” per la sua abilità di immergersi in acqua per catturare i pesci. Quando è buio avviene il rientro a terra, accompagnato dal caratteristico canto, una specie di lamento simile al pianto di un neonato. Una leggenda vede in questi uccelli la reincarnazione delle anime di Diomede, condannate a vagare in mare alla ricerca del loro condottiero scomparso in battaglia. Ascoltando il canto dei due sessi si può avere questa sensazione: il maschio ha un tono più penetrante mentre la femmina è più rauca.

Al centro del  Chiostro dell’Abbazia di S. Maria a Mare, vicino al refettorio dei monaci è presente un pozzo per attingere l’acqua da una grande cisterna di raccolta sotterranea. La sua presenza è testimoniata sin dal XVI secolo dal lateranense Cocarella; fu poi rifatto in età borbonica, in occasione della ristrutturazione del chiostro, come sembra testimoniare la data del 1793 scolpita sulla trabeazione, costituita da un blocco in pietra decorata da un fregio di ghirlanda che circonda la Diomedea, simbolo delle isole Tremiti che porta in bocca un ramoscello di mirto, sacro a Venere, la dea che  trasformò i compagni dell’eroe greco Diomede in uccelli perchè potessero vegliare per sempre sulle spoglie del loro condottiero.