Amphora vinaria e amphora olearia: i recipienti più antichi usati per il trasporto del vino e dell’olio

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Gli antichi romani, non conoscendo affatto la fermentazione nei tini e nelle botti, dopo la preparazione del mosto con i tanti ingredienti versavano il liquido molto denso in grandi dolia di terracotta, appositamente interrati sia nelle cantine che all’esterno. Prima di essere riempiti, questi contenitori venivano lavati ripetutamente con acqua marina e successivamente ben impeciati. Conclusa tale fase, avveniva il travaso in altri dolia, appositamente fissati nella parte centrale della carena delle imbarcazioni da trasporto, oppure nelle anfore vinarie(contenitori in terracotta di forma piuttosto affusolata). Esse potevano contenere, oltre al vino, beni preziosi come l’olio e le salse di pesce(garum), scambiati lungo tutte le coste dei paesi che si affacciano sul bacino del Mediterraneo per essere poi commercializzati anche nell’entroterra. Lo studio delle anfore rinvenute, sia integre che frammentarie e in numerosi casi ancora posizionate nell’originaria giacitura all’interno di relitti, ha permesso di individuare i diversi luoghi di produzione e significativi aspetti dell’economia del mondo antico. Le forme emerse negli scavi archeologici (tipi Dressel, Almagro,Pèlichet, Beltràn, Ramon, ecc.), in associazione al tipo di prodotto trasportato, danno infatti utili informazioni sulle località di produzione delle anfore e sul tipo di economia della regione di provenienza. Osservando da vicino un’anfora antica, non ci si accorge minimamente che è il risultato di un perfetto assemblaggio di tante parti, lavorate separatamente e collegate appena prima della cottura nei forni.Sulle anfore comparivano spesso bolli e iscrizioni impresse, dipinte e graffite. I bolli romani, generalmente di forma rettangolare, venivano impressi sui recipienti quando l’argilla non era ancora essiccata, con lo scopo di indicare, come avviene oggi per i marchi D.O.C. e D.O.P., o I.G.T., il luogo, la floridezza dell’area di produzione e la qualità del prodotto esportato. Nell’anfora erano presenti la data (annata), e i nomi personali dei fabbricanti o dei magistrati in carica nell’anno di produzione. Il verbo “f(ecit)” seguiva  invece i nomi dei proprietari, dei responsabili o dei conduttori delle fabbriche dove venivano realizzati i manufatti. Per la chiusura delle anfore si usavano tappi di sughero e argilla, mentre la sigillatura era eseguita con pece, resina,pozzolana, calce e gesso. Il trasporto dei vini. In antichità il mezzo più importante per il trasporto di anfore e dolia era senza dubbio la nave. Lo studio dell’iconografia antica e dei numerosi relitti rinvenuti in mare ha reso possibile individuare, sia le dimensioni delle imbarcazioni utilizzate per il trasporto marino che le loro tipologie. Si sono identificati tre tipi di imbarcazioni: 1) TIPO COMUNE (piccolo) – carico inferiore a 75 tonnellate, equivalenti a 1500 anfore; 2) TIPO MEDIO – carico tra le 75 e le 200 tonnellate, equivalenti a circa 2000 / 3000 anfore; 3)TIPO GRANDE – carico superiore alle 250 tonnellate, equivalenti a circa 6000 anfore. Queste navi di solito viaggiavano abbastanza tranquillamente, giacchè il mar Mediterraneo, e in particolare il mare Adriatico, si presentavano allora come oggi calmi e con ottima visibilità per lunghi periodi dell’anno, e gli approdi naturali e artificiali erano tanti e sicuri pur in caso di urgente necessità. Ma nonostante tale fama, talvolta il Mediterraneo riservava qualche brutta sorpresa, testimoniata dai ritrovamenti di navi naufragate lungo le coste dei paesi che vi si affacciavano. Una meticolosa cura del carico delle merci risultava fondamentale, per garantire stabilità alle navi durante il viaggio ed evitare la rottura dei contenitori. I generi di un certo peso (anfore, dolia, ecc.) venivano abitualmente sistemati in basso, mentre le cose leggere ( ceramiche, vetri, sacchi con derrate e semi. Ecc.) erano infilate con attenzione in mezzo ad essi, fungendo così anche da ammortizzatori.Dal punto di vista archeologico, a partire dal 250 d. C. incominciarono a scarseggiare i reperti ceramici relativi sia adanfore che a dolii, grazie all’entrata in commercio delle botti in legno,molto più leggere e robuste, ma suscettibili di andare in decomposizione in tempi più rapidi. Il trasporto dell’olio e dei vini è testimoniato anche dalla presenza di anfore vinarie nei relitti sommersi sui fondali marini, intorno alle coste dell’arcipelago tremitese. Sono stati rinvenuti rottami di nave e anfore a Cala dello zio Cesare e Punta della Provvidenza a San Domino; i resti di un vascello con carico di anfore nel relitto di Punta del Pigno; anfore e chiodi di rame sulla secca del Cretaccio; anfore e chiodi di rame nel relitto sulla Punta secca dell’isola di Caprara, e ancora nel relitto sulla Cala del levante dell’isola di Pianosa, anfore, chiodi di rame e ancore.

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