La Basilica di Santa Maria a Mare

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La gradinata e la facciata della Chiesa di Santa Maria di Tremiti

Entrando nel castello fortificato, continuando a salire tra strati merlati e vedette, tra cortine e piombatoi, ora in oscure gallerie, ora all’aperto, uscendo, ad un tratto da un angiporto, si presenta una gradinata di 35 scalini, lunghi 5 metri, un tempo” bellissima scala di pietra, ampia e nobilissima”, dove sull’alzata dell’ultimo scalino è scolpita la data del restauro: A.D. 1792 e poco più in alto la facciata rinascimentale della Chiesa di S. Maria di Tremiti. La scala era stata ideata dai frati con alzate piuttosto basse, per il passaggio degli asinelli che transitavano carchi di munizioni ed altro materiale per la fortezza. Dalla gradinata si accede alla piazzetta, dove di fronte si ammira la facciata della Chiesa di S. Maria di Tremiti, fondata nel 400 d.C. decorate da Matteo da Vercelli e modificato in seguito dai Lateranensi. la bella facciata in pietra d’Istria della Chiesa, che verso la metà del XV sec. sostituisce l’antica facciata dell’edificio medievale ( all’interno è visibile l’impianto originario, ristrutturato e ampliato dai Cistercensi senza stravolgere l’aspetto preesistente); tripartita da lesene terminanti con pinnacoli, rispecchia bene le proporzioni interne. L’ampia spaziatura della porta centrale è arricchita dal fastoso portale sormontato da un ben proporzionato rosone. Nella parte laterale sinistra alla chiesa si trova l’ex casa parrocchiale con una grande terrazza panoramica, a destra alcune abitazioni dei nativi e la farmacia comunale.

Al tempo dei Padri, in cima alla scala, erano piazzati tre moschettoni sulle ruote. Sulla piazza, “bella e spaziosa”dinanzi alla chiesa, vi erano“due fresche cisterne”, ai cui lati, alloggi per gli stranieri, per i quali era disponibile un ospedale. Sulla facciata si notano i segni del bombardamento eseguito da navi inglesi e russe nel 1809 sotto il regno di Gioacchino Murat. A sinistra della piazzetta, si trova la ex casa parrocchiale con la terrazza panoramica e alcune abitazioni dei tremitesi. Al tempo dei badiali, in cima alla scala, erano piazzati grossi moschettoni su ruote per ostacolare la salita, e dinnanzi alla chiesa vi erano due fresche cisterne, ai cui lati un ospedale e alloggi per forestieri. Dal parapetto della grande terrazza che sovrasta il muraglione del fronte del castello, una volta munito di piombatoi si ammira un panorama di indescrivibile bellezza: si rivedono allineate le abitazioni della popolazione di San Nicola e l’isola di San Domino in tutta la sua bellezza chiomata di pini d’Aleppo, con le sue pittoresche scogliere con le grotte e le cale tranquille lambite dall’azzurro del mare.

Portale della Chiesa quattrocentesca di S. Maria a Mare

Andrea Alessi da Durazzo, architetto e scultore e Niccolò di Giovanni Comari fiorentino furono gli autori del motivo ornamentale del portale rinascimentale dalle eleganti sculture e della facciata della chiesa,  opere commissionate dai Lateranensi nel 1473 per la ristrutturazione dell’ antica e decadente Chiesa. La decorazione, ricca e originale composizione, ricorda la finezza delle opere di Luciano e Francesco Laurana, del Rossellino, di Benedetto da Maiano, di Niccolò dell’Arca.

La sua architettura è ispirata allo stesso sentimento di elegante imitazione classica che anima l’arco d’Alfonso d’Aragona; mentre alcuni motivi ornamentali, soprattutto i due festoni che scendono dal candelabro per adagiarsi sulla cornice e ricadere ai due lati di essa, fanno ricordare la cimasa dell’Arca di S.Domenico a Bologna, l’analogo uso di festoni terminali, lo ritroviamo nella Cappella Piccolomini (chiesa di Monteoliveto) a Napoli. Le sculture danneggiatissime, per quel che n’è rimasto, sono della stessa finezza ed eleganza. La lunetta, analoga come collocazione a quella della Porta di S. barbara in Castelnuovo, è la più rovinata. Rappresentava S. Agostino in atto di porgere”i divini dogmi e lo specchio della regolare vita” ai lateranensi; ai lati si vedevano S.Agata e  S. Monica. Il bassorilievo superiore rappresenta la Vergine Assunta in cielo, entro una gloria di cherubini; ella tende una mano per donare la corona del Rosario ad uno dei suoi monaci inginocchiati ai suoi lati. Dei Santi posti nelle quattro nicchie è riconoscibile solo San Paolo, nella nicchia superiore a destra. Il basso campanile della chiesa aveva due campane entrambe lesionate e inutilizzate; fuse nel 1957 in una sola campana artistica avente a rilievo S. Maria a Mare e S. Michele Arcangelo, due Angeli e quattro putti ornamentali; tra le figure le iscrizioni in latino riferite alla Madonna e a S. Michele: “Sancta Maria ora pro nobis” e “Protege nos defende nos”.

S. Nicola possedeva un’altra chiesa dedicata all’Immacolata, sconsacrata nel 1861 e adibita ad usi civili.

Il Santuario di S. Maria di Tremiti

Il Santuario di S. Maria di Tremiti, denominato  “Chiesa di S. Maria a Mare”, perché dalla cima del castello-fortezza, la chiesa domina il mare da nord a sud, da est a ovest, sorto nell’anno 911, ampliato e modificato poi dai vari ordini monastici, è un gioiello di armonia e bellezza. All’interno la grazia dei mosaici pavimentali romanico-bizantini ( già segnalati dal Bertaux), il presbiterio, il portale della sacrestia, il soffitto ligneo della navata centrale, e soprattutto, l’eccezionale valore archeologico della Croce dipinta del XII sec. e di un Polittico veneto della metà del quattrocento, costituiscono superbe testimonianze di un passato glorioso. Il primo centro religioso sorse nell’isola di S. Domino con una chiesa dedicata a S. Giacomo cui successivamente, nel terzo decennio dell’XI secolo, si aggiunse un’altra chiesa, sita nell’isola di S. Nicola, dedicata alla Vergine ove per motivi di sicurezza eressero un monastero capace di ospitare la comunità benedettina (1045). Il monastero di Tremiti ebbe rapporti strettissimi con i centri della costa Dalmata, i suoi possedimenti si estesero, nel Gargano, nel Molise e nell’Abruzzo meridionale. Nel XII sec. Armando Petrucci, autore del Codice Diplomatico del Monastero di S. Maria di Tremiti (pubblicato nella collezione delleFonti per la Storia d’Italia, 1960) testimonia attraverso l’inventario della Biblioteca del monastero dove sono registrati 95 volumi, l’alto livello culturale raggiunto dal cenobio tremitese , mentre sembra retrocedere la sua espansione. Nel 1237, in seguito alla decadenza in cui riversava l’abbazia e a un’inchiesta canonica, la comunità benedettina  venne sostituita  da una comunità cistercense  che a metà del XIII sec. stabilì un piano di ristrutturazione radicale della chiesa e del monastero. I Cistercensi costrinsero il governo angioino a rafforzare le fortificazioni e a stabilirvi un presidio regio per la presenza di pirati dalmati intorno alle isole.tra il 1334 e il 1343, i Cistercensi abbandonarono il monastero, in seguito al saccheggio delle isole da parte di questi pirati. Nel 1412 il monastero venne affidato da Gregorio XIII ai Canonici regolari Lateranensi. Si deve a quest’Ordine, l’opera di consolidamento delle fortificazioni , l’ampliamento del monastero e il rifacimento rinascimentale della facciata della chiesa con l’ausilio degli architetti, Andrea Alessi di Durazzo e Niccolò di Giovanni Cocari, fiorentino.. Nel 1782 l’abbazia tremitese fu soppressa da Ferdinando IV e i suoi beni incamerati e amministrati dalla dal regia Corona.