Come un Grappolo d’oro

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Il ruolo della famiglia Carducci nella vita economica e

amministrativa delle Isole Tremiti

Redazione Tremiti Genius Loci

Alla fine della seconda Guerra Mondiale, la popolazione di Tremiti si ritrovò nella più squallida miseria, per l’abolizione della colonia. Fu allora, e precisamente nel 1946, che una trentina di famiglie furono costrette a trasferirsi dall’isola di San Nicola a San Domino, per un duplice motivo: economico, perché essendo cessata l’industria del confinato, non restava che dedicarsi all’agricoltura, e di opportunità, perché le vecchie case di San Nicola, dove abitavano erano diventate inospitali. Le famiglie, a norma dell’art. 4 del R.D. 27 giugno 1933 n.919, fecero domanda al Comune per occupare il villaggio di San Domino, già edificato al tempo del confino politico, in attesa della lottizzazione dell’isola e la consegna a ciascun capo famiglia di un appezzamento agricolo. La commissione prefettizia, nel 1948 ufficializzò l’assegnazione delle case coloniche già occupate, e dei terreni, mediante contratti di fitto novennali, da un minimo di 1 ha ad un massimo di 5 ha, a seconda della capacità lavorativa della famiglia beneficiaria (ctz F. Delli Muti, Le Isole Tremiti, 1965, pag. 257). Il ritratto di una famiglia così numerosa è prezioso “come un Grappolo d’oro”  dei vigneti tanto amati dal benemerito nonno di Luana, e l’evocazione dei ricordi, iniziano a partire dagli anni trenta, e in questo preciso contesto, per gli abitanti delle Isole Tremiti che, ritrovano nei lavori dei campi abbandonati nuove risorse e garanzia di sostentamento. Parlare della numerosissima famiglia Carducci che, ha occupato un ruolo di primo livello nella vita economica e amministrativa delle isole Tremiti, significa riferirsi al Patriarca Capostipite Vincenzo, nato a San Nicola nel 1887, uomo di carattere, e di rara intelligenza e umanità, rinomato autore per l’opera significativa di trasformazione fondiaria dell’isola di San Domino, fu peraltro, successore di Amedeo Davino nella carica a Sindaco, nelle elezioni del 6 novembre 1960. Le colture seminative, rappresentate da grano, granturco e arboree dei vigneti dei Carducci, si estendevano per tutta la zona Sud-Sud Est di San Domino. Il terreno fertile, con il giusto apporto di acqua nel periodo primaverile-estivo, il clima marino favorevole, l’ottimale esposizione solare, facilitavano la coltura delle uve a bacca bianca e nera e permettevano di ottenere  vini interessanti, di ottima qualità. Nei ricordi della nipote prediletta, Luana che, attualmente vive in Toscana, terra di colline con estesi vigneti, la famiglia numerosa dei nonni materni è come la vite piena di sole, che produce tra i lunghi tralci i grappoli grossi e lucenti di uva bianca, simbolo di abbondanza e felicità. Se restiamo in silenzio, col fiato sospeso, ad ascoltare, il fitto bosco di pini d’Aleppo, misto a Leccio, a ridosso dei campi che, non producono più il grano,  è ancora pieno di canti e di voci di quell’orchestrina organizzata dal nonno Vincenzo in cui tutti, figli e nipoti avevano un ruolo molto importante.

”Oggi non si lavora, ma dobbiamo mangiare!”

di Luana Mannini

Nonno Vincenzo ( Tremiti 30 dicembre 1887 – 8 ottobre 1986), figlio dei commercianti Gennaro Carducci e Lucia Ragni ( Tremiti 1864 -1949), resta orfano quando il padre muore in un incidente di caccia. Nonna Olimpia nasce a Tremiti ( 15 febbraio 1890 – 24 novembre 1951) da Vittorio Capitelli e Anna Pezzella; va in sposa, giovanissima a Vincenzo Carducci. Si trasferiscono a Montrone, l’attuale Adelfia nel 1908. Dal matrimonio nasceranno ben dieci figli, di cui otto a Montrone e due a Tremiti. Nel  1921 il Comune di Montrone conferisce a Vincenzo Carducci la “Cittadinanza Onoraria”,quale attestato di stima e gratitudine da parte della Città per essersi distinto per intraprendeza e capacità d’innovazione nei settori economici e dell’agricoltura (atto reso esecutivo dal Prefetto il 13 Gennaio 1921, prot. 34544). Un attestato del Commissario per i Consorzi di Difesa della Viticultura dichiara che:” Vincenzo Carducci ha prestato servizio per 12 anni al Vivaio Governativo delle Isole Tremiti e presso i Vivai dei Consorzi Pugliesi, in qualità di innestatore ed istruttore alle Scuole d’innesto, presso i Consorzi stessi dando prova di abilità e zelo – Bari, 21 Settembre 1917, prot. 5181. Il nonno Vincenzo, dimostrò in varie occasioni coraggio e altruismo, come si evince da una lettera di ringraziamento del Colonnello Comandante del Porto di Barletta G. Libotte per aver prestato soccorso ai naufraghi del battello da pesca “Guido” il 24 Luglio 1926.  Istruttore dei Consorzi agricoli e viticultore a San Domino, nella sua lunga e onorata vita, ha trasmesso, esperienza e passione per l’agricoltura alla popolazione tremitese, offrendo lavoro e dignità ai concittadini bisognosi, ai quali venivano retribuiti anche giorni in cui non si poteva lavorare nei campi, causa maltempo. Era uso dire:”Oggi non si lavora, ma dobbiamo mangiare!”. Nella sua lunga vita, molti sono stati gli apprezzamenti ricevuti da personalità di spicco del mondo economico e politico ma pochi encomi dalle amministrazioni tremitesi!

“Chesta sta pazzianno?!”

(Nicola e Olimpia Capitelli)

di Luana Mannini

La mia infanzia si colloca in una dura realtà degli anni della seconda Guerra Mondiale, ma è stata  spensierata e serena, con tanti ricordi familiari e di esperienze emozionali, tra campi assolati e vigneti profumati dai venti marini. Zio Nicola Capitelli, fratello di Olimpia, la mia nonna materna e di  Concettella ( per riferimento parentale: mamma di Federico Greco) era un uomo puro e semplice, che nei modi assomigliava a un personaggio di un autore verista, faceva parte di quel mondo agricolo e incontaminato di San Domino. Ricordo, fra le altre una scena comica, quando zio Nicola portò a San  Domino un asinello bigio, sardegnolo, per il trasporto carichi, e noi bambini lo inseguivamo ridendo, perché spilungone com’era toccava con i piedi a terra; poi, per qualche bicchiere bevuto di troppo ai banchetti di nozze, incominciava a cantare, ma la sbronza lo induceva a storpiare le parole, e finiva per bisticciare con mia madre, perché lei rideva divertita. Quando la famiglia dei miei nonni materni, si trasferì a  Montrone Andria in provincia di Barletta, e incominciò a crescere, nonno Vincenzo chiese sostegno agli zii Nicola e Concetta,quest’ultima si sarebbe occupata dei bambini, in cambio del corredo nuziale. I miei zii sono nati tutti a Montrone,  eccetto zio Gaetanino, nato a Tremiti. Povera nonna scodellare un figlio ogni tredici mesi ! I miei zii hanno avuto tutti una balia; quella della mia mamma era di Rodi Gaganico. L’ultimo dei figli di nonna Olimpia mori durante il parto e lei stessa stava per rimetterci la vita. Ero molto piccola ma non dimenticherò mai le parole di zio Nicola al capezzale dell’amata sorella negli ultimi istanti di vita:“ Chesta sta pazzianno?” (questa sta scherzando?). Compresi il significato commovente di quella frase molti anni dopo. Quante ne potrei raccontare, ma vedi cara:  io non so scrivere!

Come un Grappolo d’oro

di Luana Mannini

Lucia, la mia bisnonna, rimasta ben presto vedova e con figli a carico,  dopo la disgrazia della morte del marito continuò ad occuparsi della bottega di generi alimentari a San Nicola. Era una donna straordinaria, per quanto non sapesse leggere e scrivere, aveva un codice di sua invenzione per la contabilità dei crediti e creditori. Ero molto piccola, ricordo, un lettone grandissimo e una vecchina minuta, seduta sopra. Vincenzo e Olimpia lasciarono le natie isole, poco dopo la nascita di Gaetanino, primogenito della numerosissima famiglia e si trasferirono a Montrone, dove nonno Vincenzo seguendo la sua vocazione agricola aveva trovato lavoro. C’era una grande intesa e complicità tra me e il nonno che sistematicamente copriva le mie birichinate, mentre si occupava a curare le sbucciature che mi procuravo alle ginocchia, e mediava con i miei genitori perché non mi sgridassero. Esasperato, mi diceva: “Commaggia fa cu tte! Mo’si te vede mammeta! Si ‘na signurina, ormaje, nun ja correre co’’e guagliune”. Il nonno amava i libri, mi leggeva nei dopocena, il “Conte di Montecristo” e altri racconti. Amava la musica. Con i figli più grandi aveva messo su un’orchestrina: zio Gennarino, suonava il violino, mia madre il mandolino, lui con la chitarra,  cantava. Quando mi sposai, voleva essere lui ad accompagnarmi all’altare al posto di mio padre e alla nascita di Simone, il mio primogenito mi scrisse una lunga lettera che, conservo ancora tra i miei ricordi più cari. Della nonna materna, ricordo l’amore e quando, ancora piccina salivo in piedi sullo sgabello per arrivare al piano cottura dell’antica cucina, a fianco a lei, per aiutarla a pulire i fiori di zucca.

I miei genitori: Anna Carducci e Bruno Mannini

di Luana Mannini

Mia madre Anna nasce a Montrone il 21 ottobre 1919 è la sesta dei dieci figli, muore a Firenze il 24 agosto 2018. Mio padre Bruno nasce a Paterno nel Mugello (Firenze) il 4 dicembre 1910 e muore a Firenze il 25 Febbraio 1995 , è il primogenito dei quattro figli di Egisto Mannini e di Emilia Filippi. Per lui era prevista inizialmente la carriera ecclesiastica, ma al conseguimento della licenza liceale lascia il seminario per arruolarsi nel Corpo degli Agenti di P.S. Tra i vari trasferimenti per servizio, fu inviato alle Tremiti che, con il nuovo ordinamento fascista del 1926  erano  adibite a luoghi di confino per gli indiziati di opposizione al regime. I miei genitori si conobbero quando mia madre era un’adolescente a casa dei suoi genitori. Si sposarono a San Nicola nella Chiesa Monumentale di Santa Maria a Mare il 25 aprile 1940. Dopo poco più di un mese, il 10 Giugno dal balcone di Palazzo Venezia il Duce dichiarava guerra contro Francia e Inghilterra, al fianco della Germania nazista. Bruno Mannini fu inviato sul fronte Occidentale a Bardonecchia, ma nel ’42 fece ritorno alle Tremiti per i continui e persistenti problemi causati dalla prima gravidanza di mia madre. Sono nata a Termoli il 16 Agosto 1942, dopo un viaggio rocambolesco di mia madre per mare, accompagnata dal dottor Mazzilli. Mi fu imposto dai miei genitori, il nome Luana che, la mia bisnonna Lucia considerava blasfemo: nella tradizione cristiana non si ricordavano santi con questo nome! Nel 1943 la mia famiglia si ricongiunge nella Capitale, dove papà Bruno aveva ottenuto il trasferimento.Roma dichiarata città aperta il 14 agosto 1943, ma solo dalle autorità italiane: i tedeschi, di fatto, non ratificarono mai la dichiarazione, e approfittarono invece della ritornata tranquillità dopo le resistenze iniziali all’occupazione. L’eccidio delle Fosse Ardeatine il 24 marzo 1944 sarà ricordato come uno degli atti più efferati del nazifascismo in Italia e dell’intera seconda guerra mondiale. Venne ucciso anche Gabriele Mannini, zio di mio padre; il suo nome è inciso nel ceppo del Monumento alla Memoria. Dopo questi eventi cruenti, mio padre fu trasferito a Foggia, mentre a Tremiti, nasceva Gilberto, il mio fratellino. Ecco: gli anni della mia fanciullezza!  La giostra era quella dei cavalli che trebbiavano il grano mentre  il nonno Vincenzo mi raccontava dei suoi viaggi e mi faceva sognare; poi, ancora, si andava a pescare con la sua barca, sottocosta a San Domino; indimenticabili, le grigliate di pesce, l’odore del mare, dell’olio buono, del rosmarino, che si diffondeva nell’aria; le mie sparizioni tra le celle della cantina dei misteri, dove sui muri leggevo incisi i nomi dei prigionieri, ivi reclusi. Il 21 febbraio 1950, nasceva anche un altro fratellino: Antonio. Crescendo si prospettava per lui una brillante carriera, inizialmente come direttore del personale de La Nazione di Firenze, poi come direttore amministrativo e del personale della Pirelli di Figline Valdarno. Morirà precocemente all’età di 42 anni, segnando per sempre le nostre vite. La distanza generazionale di vent’anni tra me e mia sorella Francesca, nata il 25 giugno 1962, mi ha permesso di avere con lei un legame speciale e supportevole per tutta la vita. “ Sai bene quanto me qual è il valore dell’affetto di una sorella: non c’è nulla di simile in questo mondo”, così affermava in uno dei suoi dialoghi la scrittrice inglese Charlotte Brontë.

Ho conosciuto, Sandro, mio marito a una festa studentesca, fu un amore a prima vista, seguito da un fidanzamento epistolare, fino alla sua laurea in chimica industriale presso l’Ateneo di Bologna. Ci siamo sposati il 18 Settembre 1966. Simone il mio primogenito è nato nel 1968 e l’anno successivo Riccardo. Oggi sono nonna anch’io di quattro splendidi nipoti. A Tremiti, oramai, non ci vado quasi più: so che tutto è cambiato. La memoria e il nostro bisogno di raccontare, però non può cambiare, nemmeno con l’età. Non moriranno mai le storie.

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1 – Panorama di San Nicola (vista da San Domino) – fotografia storica dei primi del ‘900 . Si nota il promontorio conico, ovvero la toppa di Caino priva del traliccio di ferro della conduttura elettrica di collegamento dal Cretaccio a San Nicola. L’impianto termico installato a San Domino in sostituzione di quello a petrolio fu inaugurato nel febbraio del 1938. Al tempo dei badiali sulla toppa c’era una grande croce di legno. La bassa costruzione che si scorge era adibita ad alloggio delle guardie carcerarie di vigilanza ( oggi bar-ristorante storico “Il Pirata”)

2 – [1930]  Isole Tremiti – La Famiglia Carducci al completo – da sin.: Gennarino (disperso in guerra), Gaetanino, Vittorio, Michelino, Lucietta, Anna, Mario, Amerigo, Trifone, Attilio. In primo piano Olimpia Capitelli e Vincenzo Carducci.

3 – 1897 –   Vincenzo Carducci a vent’anni.

4 – 1906 – Olimpia Capitelli a sedici anni.

5 – 1917 –  Vincenzo Carducci.

6 –  San Domino – Un giorno d’Estate nel campo di mais – da sin.: Attilio Carducci bambino, Salvatore Greco, Anna e Filomena Carducci con la piccola Carmela in braccio e (Lucia Pallesca?). Alle spalle una vecchia casa ad uso di rimessa agricola dei Carducci.

7 – 1930 – San Domino – Sul retro della foto i nomi trascritti sono dei figli e dei parenti del Signor Carducci. I ragazzi che appartenevano alle organizzazioni fasciste vestivano in divisa. Tra i nove e i quattordici anni  diventavano Balilla e le ragazze Piccole italiane.

8 – Retro della foto nr. 7: i nomi dei figli e dei parenti del Signor Carducci.

9  -[1940- 1945?] – San Domino, falciatura a mano del fieno, a sin.: Attilio Carducci con alcune ragazze tremitesi.

10 – San Domino, ragazzi tremitesi in  pausa pranzo all’ombra dei pini.

11 – [1940?] – Isole Tremiti, Banda musicale.

12  – [1940?] – San Domino,Vincenzo Carducci nel vigneto con la doppietta da caccia a tracolla.

13 – 13 bis – San Nicola Chiesa Monumentale di Santa Maria a Mare, 25 aprile 1940 – Le nozze di Anna Carducci   con Bruno Mannini. Sul piazzale si nota un buon numero d’invitati e uno stuolo di bambini e bambine infiocchettate. nella foto: la sorella della sposa, Filomena e la nipote Carmela che regge il  lungo velo. In risalto l’antico pavimento a pietra.

14 – Anna Carducci e Bruno Mannini a Bardonecchia.

15 – Anna Carducci e Bruno Mannini a Bardonecchia.

16 – particolare varietà di uva a bacca bianca della produzione vinicola Carducci.

17 – Particolare dei filari di un vigneto Carducci.

18 –  1960 –  Porticciuolo di San Domino, una jeep carica di ragazzi tremitesi annuncia già la trasformazione economica delle isole: la nascita del turismo e la fine di una civiltà agricola, nella quale tanto aveva investito Vincenzo Carducci, Capostipite della famiglia tremitese più antica.

 

Nomina del Sig. Vincenzo Carducci a Commendatore

Ordine al Merito della Repubblica Italiana

n. 15552 serie III, 27 dicembre 1982

Le onorificenze al merito della Repubblica Italiana

Istituito con la Legge 3 marzo 1951,n.178 (G.U. n. 73 del 30 marzo 1951), è il primo fra gli Ordini nazionali ed è destinato a “ricompensare benemerenze acquisite verso la Nazione nel campo delle lettere, delle arti, della economia e nel disimpegno di pubbliche cariche e di attività svolte a fini sociali, filantropici ed umanitari, nonché per lunghi e segnalati servizi nelle carriere civili e militari.

Il Presidente della Repubblica è il Capo dell’Ordine.

L’Ordine, retto da un Consiglio composto di un Cancelliere, che lo presiede, e di dieci membri è articolato nei gradi onorifici di: Cavaliere di Gran Croce, Grande Ufficiale,1Commendatore, Ufficiale, Cavaliere. Il Cavaliere di Gran Croce può essere insignito della decorazione di Gran Cordone. Le concessioni delle onorificenze hanno luogo il 2 giugno, ricorrenza della fondazione della Repubblica, e il 27 dicembre, ricorrenza della promulgazione della Costituzione. Soltanto le concessioni motu proprio, quelle legate alla cessazione dal servizio dei pubblici dipendenti e quelle accordate a stranieri possono avvenire in qualunque data; Le onorificenze non possono essere conferite ai Deputati e ai Senatori, durante il mandato parlamentare.
I  colori dell’Ordine sono il verde e il rosso.

La Cancelleria dell’Ordine ha sede in Roma, Via del Quirinale n.30
(tel. 06/46994175 – fax 06/46994182 – email onorificenze.omri@quirinale.it).

Con D.P.R. del 30 marzo 2001,n. 173, le insegne dell’ Ordine al merito della Repubblica Italiana sono state rinnovate.
Le precedenti insegne possono, comunque, essere portate liberamente.

1-Quello di commendatore è uno dei gradi onorifici nei quali possono essere suddivisi gli ordini cavallereschi di merito. Il termine deriva dall’uso, negli antichi ordini religiosi militari, di attribuire ad alcuni membri le rendite e i benefici di una commenda.

Redazione Tremiti Genius loci

Ringraziamo la Signora Luana Mannini,  nipote di Vincenzo Carducci, per averci concesso l’onore e il privilegio di pubblicare in esclusiva l’Onoreficenza conferita al nonno, di Commendatore della Repubblica italiana, firmato dal Presidente Sandro Pertini e controfirmato dal Presidente del Consiglio dei Ministri, Fanfani prof. Amintore, (in carica dal 1 dicembre 1982 al 3 agosto 1983) e la lettera autografa di ringraziamento del Carducci al Prefetto, custodita, seppure in fotocopia, gelosamente da Luana, per ben 38 anni! I due documenti inediti sono valori e motivi di fierezza per le Isole Tremiti che, si fregiano di annoverare tra i cittadini illustri un uomo di grande levatura morale, laborioso e innovatore, che ha dedicato tutta la sua vita al progresso agricolo del territorio. La lettera di Ringraziamento al Prefetto che, trascriviamo integralmente qui appresso, è la voce più calda, generosa, intensa, del sentimento di un uomo che dall’alto dei suoi 96 anni e di tante vendemmie, ha cavalcato un secolo di storia d’Italia. Vincenzo Carducci, scrive senza incertezze, con mano ferma ed esprime tutta la sua riconoscenza per il “premio” inatteso: l’ Onorificenza ricevuta dal Capo dello Stato. Si commuove e ci commuove, il linguaggio magnifico, lo stile nobile, d’altri tempi, il contenuto decoroso, consapevole dell’incontro finale con la propria coscienza, l’esame che, “chiude” la sua vita onesta, “e con un sol gesto ci dice che si è ben operato”.

27/1/83

Eccellenza,

Quando,sotto il carico inesauribile degli anni, sembra che tutto sia concluso e che non ci sia più posto nella mente se non per i ricordi, ci si accorge all’improvviso che c’è ancora un incontro da fare, forse l’ultimo, il più grande, il più interessante; quello che “chiude” e con un sol gesto ci dice che si è ben operato.

Grazie Eccellenza, grazie per avermi degnato della sua stima e per aver voluto onorarmi dell’alta onorificenza testè conferitami dall’On.le Presidente della Repubblica.

Con distinta considerazione

Suo

Vincenzo Carducci

Le foto della Galleria fotografica sono di proprietà di Luana Mannini, gentilmente concesse a Tremiti Genius Loci per fini esclusivamente culturali.