Testimonianze

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di Maria Teresa De Nittis

Il benemerito dott. Mazzilli, medico della Colonia penale, dal 1924, lasciava la Condotta delle Isole Tremiti, quando la gravidanza di mia madre volgeva al termine. Il sostituto dell’anziano dottore, era un giovane medico: Berardo Medina di Vieste. In quella circostanza, il parto di una primipara  in una zona estremamente disagiata sarebbe stato più rischio, cosicché la giovanissima Alba Sciusco, mia madre, già in pre-travaglio, con ogni riguardo, fu fatta imbarcare a bordo del piroscafo “Pellestrina” che, prestava servizio marittimo Tremiti-Manfredonia. Nel grembo di mia madre fu il primo, di tanti altri viaggi con la Compagnia di navigazione Adriatica che, per oltre mezzo secolo ha collegato le Isole Tremiti al Gargano. Nacqui lo stesso giorno della traversata, a Peschici, mercoledì 21 ottobre  1953,  poco prima della mezzanotte e ritornai, neonata, dopo circa un mese alle Tremiti, sempre a bordo del “Pellestrina”. Il “Pellestrina” (1) costruito nel 1931 nei Cantieri Navali Riuniti di Ancona, era un piccolo piroscafo a nafta verniciato di bianco capace di ottanta passeggeri, partiva da Manfredonia alle 8 di mattino, toccava Vieste e Peschici, arrivava a Rodi Garganico intorno all’una e proseguiva poi verso le isole Tremiti, ove gettava l’ancora alle 15,30. Alle 6 di mattina del mercoledì e del sabato si staccava dalle isole e percorreva l’itinerario inverso, arrivando a Manfredonia alle 13,30. Per tutti gli altri giorni della settimana le isole restavano completamente isolate. A Vieste, a Peschici e a Rodi, il “Pellestrina” sostava a qualche centinaio di metri dalla costa: i passeggeri salivano a bordo per mezzo di barche. Alle Tremiti il piroscafo, gettava l’ancora nel porto naturale chiuso tra San Domino, il Cretaccio e San Nicola, a un centinaio di metri dalle coste; passeggeri e merci prendevano terra con le barche degli isolani e l’approdo avveniva alla marina dell’isola di San Nicola, la capitale delle Tremiti. I marinai in servizio, della Pola e della Daunia (linea per trasporto persone e merci da Manfredonia a Tremiti, dal 1965 al 1988), mi hanno vista partire e ritornare a Tremiti ancora bambina, poi fanciulla, accompagnata dalla nonna materna Tullia Greco e dal mio papà Domenico, per conseguire gli studi sul continente. In ricordo di quelle lunghe traversate, talvolta poco piacevoli, ho scritto alcuni versi in dialetto tremitese (napoletano) pubblicati nell’Antologia dei Poeti del Gargano, 2018 (a cura di Franco Ferrara).

GARGANO MJO

’ O sisco d’’o viento, ‘a luntano-luntano/pòrta ‘o saluto/d’ ‘a nave ‘e linea/

 Tremmete-Manfredonia/visione e memmorie ‘e tant’ anni fa.

A bbuordo ‘a Daunia/ nu cartiello purtava scritto: Canto III, Purgatorio ( 2)

“Io son Manfredi/ nepote di Costanza imperatrice/ ond’ io ti priego che, quando tu riedi/

vadi a mia bella figlia, genitrice/ de l’onor di Cicilia e d’Aragona/ e dichi ‘l vero a lei, s’altro si dice.” J’ guagliuncella/lieggevo sottavoce ‘o ritornello/senza capì/Era’na preghiera?

‘A strignev’’mmiez’e mmane/‘a nzerrav’o int’ o core.

Era’na puesia/Traseva int’e rrecchie/alluccava disperatamente/‘int’’o mare aggitato.

Era ‘na canzona/Sott’ a viento, ncopp ’a llonne/tuculiava doce-doce/faceva chiagnere e sunnà!

Ntramente, se vedeva ‘o Gargano: dduje laghi chine e malinconia/fureste ‘e sciùri, e giesummine/

prufumo ‘e fronne/addore ‘e vino, cchiene ‘e ccantine/ ( pe’ chi nun po’ gudè stu paisaggio, è nu peccato!)

Rodi/ San Menaio: purtualle, limune/l’aulive  /‘o vosco, sacrantico/munaster’ ‘e Kalena/

Peschici: addò songo nata/Sempe cchiù vicino, ‘o faro’e Vieste/

Pugnochiuso, ca rena fina! Mattinata, suspiro ‘e mare!

Trabucchi  e cielo mmaculato/‘e mmura de’ pajse/

’e facce ‘e viecchi mmiez’’e vie/signate d’’o tiempo/ int’a lluocchie tenene ancora ‘o sole/

castielle ‘e rre/Normanni/Svevi/ Angioini/Gargano mjo!

 ‘A sera scenneva chianu-chianu:‘e lampare mmiezz ‘o mare/

Quante stelle ‘ncielo e ‘nterraferma!S’accustava ‘o vapore‘a banchina ‘e Manfredonia.

J’sbarcavo nzieme ‘a patemo/appriesso ati tremmetesi/ ’o preveto/o miedeco e dduje carabbinieri .

Mpont’a strata nce steve ‘a littorina/‘o monumento ‘o piscatore /e ‘n’albergo ummèle p’arrepusarce.

Nuje simme tutte quante pellegrine‘e Padre Pio/‘e  Sammichele nostro protettore.

(1) – Nome precedente del piroscafo Pellestrina era “Francesco Rismondo”. F. Rismondo era figlio dell’armatore Rismondo proprietario della “Società di Navigazione Dalmazia”.Nel 1915, poche settimane prima dell’intervento italiano nella prima guerra mondiale, entrò con la giovane moglie sotto falso nome nel Regno d’Italia e il 16 giugno si arruolò come volontario nel Regio Esercito per combattere la guerra contro l’Austria-Ungheria. Inizialmente prescelto per un ufficio di interprete grazie alle sue conoscenze linguistiche, Rismondo insistette per essere assegnato al fronte e fu così che fu incorporato nell’8º battaglione ciclisti dell’VIII reggimento bersaglieri e inviato al fronte del Carso, dove si distinse sul Monte San Michele (21 luglio). La sua fine è ancora poco chiara: dato per disperso dagli italiani, rimase probabilmente ferito nel corso di un combattimento nei pressi di Opacchiasella e cadde prigioniero dagli austriaci. Secondo alcune fonti sarebbe stato riconosciuto come disertore e giustiziato sulla forca il 10 agosto dello stesso anno, probabilmente a Gorizia; secondo altre, avrebbe tentato la fuga con altri prigionieri, nel corso di un attacco italiano e sarebbe per questo stato ucciso dalle guardie ad Abbazia. Il suo corpo non fu comunque mai trovato, né uno scritto comprovante l’eventuale sentenza capitale. D’Annunzio lo definì l’Assunto di Dalmazia. Ad ogni modo nel primo dopoguerra prevalse l’ipotesi del martirio sulla forca, che valse a Francesco Rismondo la concessione della Medaglia d’oro al valor militare alla memoria.

(2) – Manfredonia deve il suo nome a Manfredi di Sicilia, figlio dell’imperatore Federico II, che la fondò nel XIII secolo dopo lo spopolamento dell’antica città di Siponto per via del terremoto del 1223, l’interramento del porto e la malaria. Questi fenomeni convinsero i sipontini a trasferirsi in un vicino casale, più sicuro e salutare. Il trasferimento della popolazione fu completato nel 1256 per ordine del re Manfredi di Svevia, da cui il nuovo agglomerato, divenuto città, fu denominato Manfredonia.Nel canto III del Purgatorio Manfredi è presentato da Dante, come un guerriero bello, forte, valoroso, nobile e con il viso insanguinato, l’esempio per eccellenza delle virtù cavalleresche. Manfredi si presenta sorridendo al sommo poeta,dicendo:”Io sono Manfredi,nipote dell’imperatrice Costanza; per cui io ti prego,quando tornerai(nel mondo terreno) di recarti dalla mia bella figlia,madre dell’onore di Sicilia e di Aragona,e di raccontarle la verità,nel caso in cui si dica altro(cioè “ti prego di rivelarle che sono in Purgatorio e non nell’Inferno come si racconta). Manfredi, convertendosi in punto di morte potè guadagnarsi la possibilità della beatitudine celeste.