Un paesaggio culturale da salvare: ultimi “giardini di uva” a San Domino

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di Maria Teresa De Nittis

La produzione vinaria alle Tremiti è testimoniata sin dal medioevo, allorchè i Benedettini del monastero di San Nicola, riconvertirono i terreni incolti a San Domino in vigneti, oliveti e alberi da frutto come testimonia l’erudito monaco Benedetto Cocorella nel 1508, nella prima storia dell’abbazia, la “Cronica Istoriale”, grazie alla fertilità del terreno “vegetano bene l’olmo e le viti in particolare, in guisa che alla bellissima Candia (già del gran Giove nudrice fecondissima) puossi agguagliare. Che ciò sia raccoglievisi vino di tal perfettione, che avanza ‘l Pucino, ed il Falerno”. La  coltivazione della vite, continua anche nei secoli successivi, quando nel 1783 l’abbazia tremitese fu soppressa da Ferdinando IV di Napoli e i suoi beni incamerati e amministrati dalla regia Corona; nello stesso anno istituìsull’arcipelago una colonia penale. La parola colonia riconducibile al verbo “colere”, in latino significa “coltivare”, “curare”. Da questa indicazione etimologica  il termine “colonia” assume un significato preciso,di rieducazione attravero il lavoro. Ai coatti confinati sulle isole Tremiti fu data la possibilità di lavorare, principalmente come,carbonai, agricoltori etc., senza immediata vigilanza da parte del personale di custodia. Ovviamente la sorveglianza era solamente ridotta rispetto agli altri detenuti comuni, e non totalmente assente. Fin da subito la produzione agricola di  San Domino si specializzò nella coltura della  vite che proseguì anche quando i relegati furono messi in libertà con l’unione nel 1861 del Regno di Napoli alla Corona Sabauda. Successivamente, nel 1926 le isole furono adibite a luoghi per confinati politici del regime fascista.

In fondo al viale dell’ex villaggio rurale di San Domino, alle spalle della grande pineta e delle moderne villette, si nota, ancora, oggi il fabbricato sviluppatointeramente al piano terra della cantina sperimentale, che fu della direzione della colonia. Successivamente i locali della cantina furono utilizzati dall’agricoltore Vincenzo Carducci, capostipite dal 1925 di una grande famiglia tremitese, e impiantò estesi vigneti a Sud dell’isola. Altri  seguirono il suo esempio, come Egidio Greco, e piantarono vigneti nei terreni agricoli in concessione dal Comune, annessi alle case coloniche. Dei vecchi vitigni non resta quasi nulla, attualmente i vignaioli di San Domino sono Emilio Sciusco col suo vigneto a pergola (o tendone), esposto a Nord-Est, confinante con la vigna a filari, che fu impiantata da Domenico De Nittis alla fine degli anni settanta con l’oliveto,oggi curata dal figlio Tonino.

 Galleria fotografica:  Emilio Sciusco a lavoro nel suo vigneto a pergola, settembre 2019 (foto di Mara Sciusco) ; vigneto a filari di Domenico De Nittis, estate 1979 (foto di Fernando desiderio); Egidio Greco.

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