Genius loci. Itinerari speciali. Il pellegrinaggio al Gargano : il culto di San Michele Arcangelo e di Santa Maria di Tremiti

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 La natura delle isole Tremiti, ancora oggi, ai visitatori è in grado di favorire quella speciale calma interiore simile al sentimento che viandanti e pellegrini del passato dovevano provare sostando sui terrazzamenti dell’isola fortificata di San Nicola e dominando con lo sguardo gli ampi panorami marini sottostanti, ovattati dalla distanza dalla terraferma. Il genius loci, il sentimento del paesaggio, per ritrovarlo, oggi, con gli occhi con i quali monaci, eremiti, pellegrini lo videro nei secoli passati, quando lo scelsero per la meditazione e la preghiera, va purificato, filtrato anche con l’aiuto dell’immaginazione. Insomma, va scoperto e compreso con l’intento di trovare i suoi significati nascosti.

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Eremiti, monaci, santi hanno battuto per secoli i sentieri del Gargano, tracciando, con il loro passaggio e il loro influsso, una fitta rete di itinerari spirituali, già dal VI secolo d.C. quando viene consacrato, o riconsacrato, un santuario in onore di san Michele (tra i più rinomati della cristianità, custodisce, tra l’altro, le pregevolissime Porte di bronzo fuse a Costantinopoli e la statua dell’arcangelo Michele attribuita al Sansovino, dell’anno 1507 in bianco marmo di Carrara).  Nei testi che vanno dal VI al IX secolo, san Michele mantiene le caratteristiche della tradizione cristiana orientale, è l’angelo sempre vicino a Dio, che interviene contro i pagani servendosi dei fulmini e annunciando la sua venuta con terremoti, lampi e tempeste. Poichè scende dal cielo, il suo culto è di solito praticato in cima a un monte e in una grotta spoglia dove l’accesso è vietato di notte. Sulla roccia della grotta vi è l’impronta di un suo piede, da cui nasce una sorgente con poteri taumaturgici. Questo culto non poteva non attirare grandi pellegrinaggi, incentivati anche dalla presenza lasciata dall’arcangelo nella grotta della Sacra Reliquia. Nel libretto medievale Apparitio (Apparitio Sancti Michaelis in Monte Gargano, in Monumenta Germaniae historica. Scriptores rerum Longobardicarum et Italicarum, ed. G.Waitz, Hannoverae,1878, 73,1) c’è scritto che l’angelo è “memore della fragilità umana”. Per questo è venuto dal cielo sul monte Gargano: per aiutare l’uomo. E per fargli sentire la propria presenza sceglie la spelonca sperduta sul monte e vi fonda la sua chiesa. Fino al X secolo il pellegrinaggio garganico è soprattutto un pellegrinaggio popolare. I fedeli vi si recano per devozione, per penitenza, per chiedere grazie particolari, guarigioni, etc. Nei secoli successivi ( XI – XIII) i santuari dell’Apulia traggono benefici dal flusso di pellegrini e crociati per la Terrasanta, i quali, divennero tappe di un pellegrinaggio che si sviluppava lungo la via “Francigena” e la costa adriatica. Di conseguenza, il pellegrinaggio del Gargano, favorito dalla politica dei principi locali, si estenderà anche alle vicine isole Tremiti, Il cui primo centro religioso nacque nell’isola di S. Domino con la chiesa dedicata a S. Giacomo e successivamente, nel terzo decennio dell’XI secolo, si aggiunse un’altra chiesa, sita nell’isola di San Nicola, dedicata alla Vergine ove per motivi di sicurezza  nel 1045, fu eretto un monastero capace di ospitare una comunità benedettina. Il monastero di Tremiti ebbe rapporti strettissimi con i centri della costa Dalmata, i suoi possedimenti si estesero, nel Gargano, nel Molise e nell’Abruzzo meridionale. Nel XII sec. Armando Petrucci, autore del Codice Diplomatico del Monastero di S. Maria di Tremiti(Fonti per la Storia d’Italia,1960) testimonia attraverso l’inventario della biblioteca del monastero, l’alto livello culturale raggiunto dal cenobio tremitese,  mentre sembra retrocedere la sua espansione. Nel 1237, in seguito alla decadenza in cui riversava l’abbazia e a un’inchiesta canonica, la comunità benedettina  venne sostituita  da una comunità cistercense  che, a metà del XIII sec. stabilì un piano di ristrutturazione radicale della chiesa e del monastero. I cistercensi costrinsero il governo angioino a rafforzare le fortificazioni e a stabilirvi un presidio regio per la presenza di pirati dalmati intorno alle isole tra il 1334 e il 1343, i cistercensi abbandonarono il monastero, in seguito al saccheggio delle isole da parte di questi pirati. Nel 1412 il monastero venne affidato da Gregorio XIII ai canonici regolari lateranensi. Si deve a quest’ordine, l’opera di consolidamento delle fortificazioni , l’ampliamento del monastero e il rifacimento rinascimentale della facciata della chiesa con l’ausilio degli architetti, Andrea Alessi di Durazzo e Niccolò di Giovanni Cocari, fiorentino.Nel 1782 l’abbazia tremitese fu soppressa da Ferdinando IV e i suoi beni incamerati e amministrati dalla dal regia Corona.

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La cappella di S. Maria a Mare venne edificata sulla sommità di una roccia rivolta a mezzogiorno.

Le pareti interne della cappella sono ornate da un cornicione sorretto da colonnine; la copertura ha volte a crociera, decorata a stucco. In una nicchia soprastante all’altare, è collocata l’antica e miracolosa statua lignea della Madonna bruna col Bambino Gesù al braccio sinistro. La statua , alta un metro circa è l’opera d’arte più antica che questa chiesa conserva, proveniente forse da Costantinopoli, introdotta dai Benedettini nell’XI-XII secolo. Un’ altra importante attrazione perpellegrini, che s’inerpicavano sull’isola di San Nicola era una grande tavola con una Croce lignea dipinta, oggi ribattezza Cristo Grande. Sulla tavola allargata vi sono raffigurati la Vergine e l’Apostolo Giovanni. Secondo gli storici dell’arte la tavola è attribuibile alla scuola pisano-lucchese di autore ignoto dell’XI-XII sec.

 In alto, parzialmente leggibile i resti di una scritta in greco, che potrebbe tradursi in:” Gesù Cristo re della Gloria”. Sotto la Croce, un’altra incisione ricorda ai fedeli il ritrovamento miracoloso via mare di questa effige. Nella parte posteriore della Croce vi è raffigurato l’Agnello di Dio, ovvero il Cristo. Il Crocefisso è un vero tesoro artistico, di carattere bizantino, del tutto simile a quello che si conserva nel Duomo di Spoleto e a quelli umbri, che hanno preceduto la commovente interpretazione francescana dell’agonia del Redentore.Già dal XVI sec. numerosi pellegrini, naviganti di popolazioni vicine, lontane e straniere, non solo per motivi di commercio e di momentanea sosta, ma spinti dalla devozione , si fermavano, prima, di proseguire il viaggio a visitare i luoghi di culto del Gargano: il Santuario dell’Arcangelo Michele del Monte Gargano e S. Maria delle Grazie di Kàlena a Peschici (l’abbazia nel primo quarto del secolo XI fu donata dal vescovo Leone di Siponto all’abbazia di Tremiti e subito dopo fu presa sotto la tutela pontificia. Legata alla storia ed ai possedimenti dell’abbazia di Tremiti, Kalena rimase soggetta a questa fino alla sua soppressione da parte dei Borboni nel 1783) quindi “facevano vela” per le isole Diomedee e si fermavano nell’abbazia di S. Nicola . In questi due monasteri, ricostruiti dai Canonici Regolari di S. Agostino adoravano la Beatissima Vergine, Gloriosa  Madre di Dio.

Il culto di S. Maria della Protezione è giunto sino ai nostri giorni e continua con la celebrazione dell’Assunzione il 15 agosto.

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approfondimenti al testo e bibliografia minima

Il cammino di San Guglielmo da Vercelli

Il Cammino costituisce un “topos” in movimento, dove è possibile leggere ed interpretare le vicende individuali ed umane, i simboli della verità assoluta alla ricerca di Dio. Fu questa visione profetica che spinse Guglielmo, figlio di una famiglia benestante di Vercelli, a soli 14 anni (nel 1099), ad intraprendere il Cammino, colto dalla “febbre del pellegrino” che l’accompagnò durante gran parte dei 57 anni della sua vita.

Dopo aver frequentato forse la comunità benedettina di Vercelli e conosciuto la tradizione dei santi – pellegrini di strada del vercellese, come quella di San Bonomio (Abbate nato nella seconda metà del X secolo a Bologna) definito da Papa Benedetto XIV “abbasmonacorum peregrirum”, il giovane Guglielmo, a soli 14 anni, decise di intraprendere il Cammino verso S. Jacopo de Compostela, in Galizia, alla ricerca della santità. Scalzo, coperto solo dal mantello ed in mano il “bordone”, il bastone del pellegrino, fece visita alle sacre reliquie dell’apostolo Giacomo, ivi traslate da Gerusalemme nell’anno 814 da suoi seguaci. La I Crociata, annunciata da Papa Urbano II durante il III Concilio tenutosi a Melfi, la storia e le gesta di Pietro l’Eremita (1096-1099) e la crociata dei “pezzenti”, raccontatagli presso i monasteri di Vercelli e lungo il Cammino di Compostela, lo indussero a farsi “penitente”: si cinse il capo e il petto con cerchi di ferro che gli costruì un fabbro che l’ospitò presso la propria abitazione e proseguì il lungo viaggio nutrendosi solo di pane, acqua e prodotti della terra, “macerando la carne” per distogliere lo spirito dal peccato, rifiutando le comodità e dormendo sulla nuda terra. Ritornato dalla Spagna, Guglielmo decise di non fermarsi a Vercelli. Proseguì il Cammino, assecondando la voce dello Spirito, verso la Terra Santa. Dopo S. Jacopo di Compostela, s’incamminò verso il Santo Sepolcro. Percorse allora la via Francigena, la via Romea (sostò a Roma visitando i principali luoghi santi nel 1106 ) e prese la via per Gerusalemme (via Appia) in direzione del porto di Brindisi, attraversando così l’Irpinia, la Lucania e la Puglia, giungendo a Melfi (città della Puglia) intorno al 1107, ove lesse e studiò le Sacre Scritture, sollecitato in tal senso dal signore Normanno Ruggieri che volle ospitarlo, dopo aver avuto notizia dell’arrivo nella capitale normanna di un uomo di fede “semplice ed umile” (forse si tratta di Ruggero Borsa, figlio di Roberto il Guiscardo che aveva sposato in seconde nozze la principessa guerriera Longobarda, Sichelgaita).

Bibliografia essenziale

Su San Guglielmo, leggasi:  C. Mercuro. Una leggenda medioevale di San Guglielmo, in “Rivista Benedettina”, 1906-1907 e di G.Mongelli. San Gugliemo da Vercelli, Montevergine, 1960; G.G. Giordano, Croniche di Montevergine, 1624. V. De Duonni. De Vita et obitu sancti Guglielmi: raffigurazione del santo vercellese fondatore di Montevergine.Unisa, 2017. M.F.Manchia. Arte e monachesimo verginiano tra Campania e Basilicata dalle origini al XIV secolo. Dottorato di ricerca, Facoltà di Lettere e Filosofia. Università La Sapienza, Roma, 2017.

Tra i massimi esperti del pellegrinaggio e dei santuari in Puglia,si menziona il professore Giorgio Otranto ordinario di Storia del cristianesimo e delle chiese presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro, dal 1980, fondatore del Centro studi micaelici e garganici di Monte Sant’Angelo. La sua produzione scientifica comprende libri e contributi che trattano i diversi aspetti della storia del cristianesimo antico e altomedievale. Ha studiato la tipologia dei santuari, la evoluzione della concezione del pellegrinaggio e i rapporti tra pellegrinaggio e santuari tra tarda antichità e Medioevo, contribuendo alla realizzazione del censimento dei santuari cristiani d’Italia insiemea Gabriele Rosa, a Sofia Boesch Gajano, André Vauchez e Giorgio Cracco.

Alcune opere del professor Giorgio Otranto:

Giudei e cristiani a Cartagine tra II e III secolo. L’Adversus Iudaeos di Tertulliano, Bari 1975, pp. 172.

Alle origini cristiane. L’esegesi biblica di Giustino martire, Bari 1976, pp. 166.

Le comunità cristiane dell’Apulia negli atti conciliari e nelle epistole pontificie dei secoli IV-VI (314-590), Bari1 1977 pp. 126.

Esegesi biblica e storia in Giustino, Bari 1979, pp. 281.

Italia meridionale e Puglia paleocristiane. Saggi storici, Bari 1991, pp. 330.

Per una storia dell’Italia tardoantica cristiana, Bari 2009, pp. 693.

Lo studio delle Memorie de’ viaggi per l’Europa christiana, scritte a diversi in occasione de’ suoi Ministeri dall’Abate Gio: Battista Pacichelli / Gio Battista Pacichelli. – Napoli : Reg. Stampa, 1685. – 4 v. in 5 ; 744 p. : ill. ; 14 cm. fa parte del progetto Identità e memoria della Puglia: linguaggi, territori e culture  (Edizioni digitali: viaggiatori italiani ed europei nella Puglia dal Medioevo al XX secolo) promosso dal Dipartimento di Lingue e Letterature Straniere dell’Università del Salento con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Puglia.