Gli avventurieri del mare: pirati, corsari, filibustieri, bucanieri – Traffici in Adriatico tra Medioevo ed Età Moderna – I badiali di Tremiti si aggregano ai pirati – Torri costiere del Gargano

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l’Adriatico tra Islam e Cristianità. Salvatore Bono scrive che: “Esiste una netta distinzione, fra pirati e corsari, anche se in concreto non è sempre facile applicarla. Corsaro è colui che opera con l’autorizzazione o addirittura in nome e per conto di uno stato, svolgendo perciò un’attività del tutto legale, sotto il profilo non solo del diritto interno ma anche di quello internazionale. Pirata è invece colui che esercita la stessa rischiosa attività del corsaro – assaltare navi e catturare uomini e merci, perfino con sbarchi a terra senza autorizzazione, senza osservare alcuna norma né rispettare limitazioni, non esitando ad attaccare imbarcazioni e naviganti di stati amici; il pirata è dunque letteralmente un fuorilegge”. Secondo Braudel, “In Adriatico la pirateria è sempre esistita” e, Sergio Anselmi aggiunge, che “La pirateria è antica quanto la navigazione”. Le navi raffigurate nelle stele, in particolare la stele di Novilara sono imbarcazioni agili e veloci  adatte sia per il trasporto rapido, sia per azioni di abbordaggio e rapina in mare. La pirateria praticata dalle popolazioni della costa orientale dell’Adriatico ha origini antichissime, lo confermano le difficoltà incontrate dai commerci etruschi, e le difficoltà che essa arrecò ai traffici adriatici lungo tutto il Medioevo e l’età moderna, ostacolando in modo particolare i commerci veneziani. Con la conquista di Costantinopoli da parte degli ottomani si delinea, per il periodo temporale successivo al 1453, una divisione di fondo tra due grandi aree portatrici di valori culturali e religiosi differenti, la musulmana e la cristiana, entrambe fondate su una forte spinta espansiva basata su un pronunciato attivismo ideologico-religioso.  A partire da tale data, circa, per i turchi la guerra in mare non è più soltanto un’avventura di pirati/corsari, non comporta più semplici rapine e razzie a terra, ma l’impiego di flotte imponenti, costituite da più di un centinaio di galee e capaci di trasportare migliaia di uomini.  Scontri navali di varia entità ed importanza si svolgono un poco dappertutto nel Mediterraneo: nell’Egeo, nell’Adriatico, nello Ionio. Nel 1453 i Turchi con la presa di Valona, si affacciano in Adriatico e conquistano Otranto, e con il massacro dei suoi abitanti confermano le loro capacità offensive. l’Adriatico diventa la vera frontiera fra due civiltà contrapposte: Islam e Cristianità. Talvolta le navi dei corsari giungono anche dai porti barbareschi, ma spesso è Valona la base di partenza delle “fuste turchesche” che attaccano sia le navi cariche di merci, sia le imbarcazioni dei pescatori e i centri costieri meno protetti.

Dopo Otranto, molte cose cambiano non solo in Adriatico, ma in tutto il Mediterraneo. La paura dei Turchi spinge in primo luogo tutti i centri costieri a fortificarsi e porta alla formazione di un sistema di avvistamento fatto di centinaia di torri di guardia in grado di segnalare immediatamente la presenza dei corsari in Adriatico. Alcune erano state costruite già nel Medioevo, a presidio dellla fascia costiera controllata da ciascun Comune o a protezione di porti e approdi. Dopo Otranto i singoli Stati si pongono il problema di creare una rete di fortilizi e torri di guardia capaci di segnalare le incursioni dei predoni genericamente indicati come “turchi”, ma in realtà anche barbareschi, saraceni, uscocchi, narentani e dulcignotti. Nasce così tra fine Quattrocento e metà Cinquecento un vero e proprio sistema difensivo che per oltre tre secoli contribuì alla difesa della lunga e articolata costa della Penisola italiana. Fortezze e torri di guardia erano custodite da soldati armati, i quali spesso erano affiancati da soldati a cavallo che perlustravano il litorale tra una torre e l’altra. Ma le torri avevano soprattutto la funzione di avvistare i pericoli e di lanciare l’allarme con segnalazioni di fumi, spari e mortaretti di giorno; con fuochi di notte. Sulla costa si fortificano non solo centri urbani, punti di approdo e villaggi di pescatori, ma anche alcuni luoghi di culto: il caso più clamoroso è quello di Loreto, il principale santuario mariano della Cristianità, che dopo il 1480 si trasforma in una chiesa-fortezza; per le stesse ragioni, fu più volte consolidata nella sua rete difensiva, l’abbazia-fortezza di San Nicola. Le Tremiti, nella storia della corsa e della pirateria del medio- basso Adriatico furono più importanti delle Pelagose. Prescindendo dalla sua origine leggendaria, che si farebbe risalire ai primi secoli della cristianità e ai primordi del famoso santuario garganico di San Michele, la badia di Tremiti incominciò ad avere vita storicamente certa dal XI secolo, tenuta dai Benedettini. Nel 1504 Federico di Lorena, che fu poi papa Stefano X, minacciato da Enrico III, vi cercava rifugio; qualche anno dopo vi restava in volontario ritiro, prima di recarsi sulla Maiella. Desiderio che fu poi abbate di Montecassino. Con Montecassino, la badia di Tremiti restò per molti anni in aspra lotta alla quale parteciparono spiccatissime personalità dell’epoca, dai pontefici e dal Guiscardo ai primi signori normanni del Gargano, finchè essa riuscì ad affermare la sua autonomia e i suoi diritti, raggiungendo poi nel XII e nel XIII secolo un’importante potenza con estesi possedimenti sulla costa d’Abruzzo e Puglia. Le incursioni dei pirati slavi sulle coste italiche nel medio Adriatico erano frequenti e recarono non pochi danni all’abbazia di Tremiti e ai suoi possedimenti in terraferma, finchè i frati, per i continui contatti con costoro, ritennero conveniente unirsi a loro, tanto che il vescovo di Dragonara incaricato dal pontefice di compiere un’inchiesta non riusci ad approdare sull’isola di San Nicola perché minacciato dai monaci spalleggiati  dagli stessi pirati. Il monastero fu, perciò tolto dalla Santa Sede ai Benedettini e affidata ai Cistercensi. (ctz.M. Vocino, Corse e piraterie d’altri tempi alle Pelagose ed alle Tremiti).

In Provincia di Foggia le torri costiere si estendono per tutto il Gargano, da Termoli a Margherita di Savoia.

Torre Calarossa nel Comune di San Nicandro Garganico, fu costruita per ottimizzare la difesa dagli attacchi nemici luogo la costa adriatica, ad oggi ne rimane solo qualche rudere.Torre Mileto nel Comune di San Nicandro Garganico, con molta probabilità risale al periodo aragonese, fu costruita su base quadrangolare e come poche altre presenta i quattro spigoli rivolti verso i punti cardinali, dispone anche di cinque caditoie ed una scala in pietra da cui si accede al primo piano, ancora oggi è in buone condizioni ed è accessibile solo su specifica richiesta.Torre Sacampamorte si erge nel Comune di Foggia, nelle immediate vicinanze del Lago di Lesina, nasce anche questa come torre costiera di difesa, ma la derivazione del suo nome è molto dubbia.Torre Fortore è collocata tra il Lago Fortore e il Lago di Lesina ed è stata una delle torri più rimaneggiate nel corso del tempo.Torre di Varano si trova nei pressi della foce est dell’omonimo lago.Torre Monrepucci è ubicata tra Catenella e Peschici ed è di dimensioni molto ridotte; Torre di Porticello si trova nei pressi della spiaggia di Vieste.Torre Gattarella è ubicata anch’essa nei pressi della spiaggia di Vieste, e prende il nome dal tratto di litorale viestese nei cui pressi si trova.Torre di Porto Greco vicina alla località turistica di Pugnochiuso.Torre del Segnale si trova invece vicino la Baia delle Zagare.Torre Rivoli si trova tra Manfredonia e Margherita di Savoia.Torre Pietra si trova tra Manfredonia e Margherita di Savoia.

Galleria fotografica:  

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Veduta aerea delle fortificazioni di San Nicola;

La stele di Novilara o stele della naumachia. Al centro grande nave con vela rettangolare formata da otto riquadri, sormontata da una coffa. Sullo scafo sono rappresentati i rematori, e un uomo in piedi vicino all’albero maestro con le braccia alzate, forse a segnare il ritmo della voga. Sotto la barca si trovano cinque pesci stilizzati a destra della nave, in alto, quattro figure, forse prigionieri, legati a due a due da stanghe alle caviglie. (informazioni più dettagliate su questo reperto sono disponibili i volumi VII e XII della prima serie (1953-1972) degli Studia Oliveriana, consultabili presso la Biblioteca Oliveriana di Pesaro);

Fusta barbaresca; Cartina dei pirati nel Mediterraneo;

 Galea veneta cattura i pirati turchi (6 giugno 1574); Pirata.